“Oggi bisognerebbe dimenticare le logiche di appartenenza partitica per combattere uniti contro questo virus sconosciuto e terrificante”
“Ho avuto la fortuna di guardare nel 1954 la prima trasmissione della televisione italiana e quindi la televisione l’ho vista già da bambino, da quando avevo 9 anni” il noto conduttore televisivo Claudio Lippi ripercorre in un’intervista al giornale online “laNotifica.it” i suoi 56 anni di lavoro televisivo: “La prima trasmissione è del 1972 con “Aria Aperta”. Prima si seguiva un iter che era parallelo quasi a quello scolastico, normalmente si iniziava con la tv dei bambini. Con “Aria Aperta”, che era la tv dei ragazzi, avevamo invertito le procedure: a questa seguì “Giocagiò” (programma per bambini) poi nel ’74 “Tanto piacere” che è stato forse l’antesignano dei talk che sono stati fatti in televisione.
Nel programma la gente scriveva ad una redazione per essere invitato in studio e aveva la possibilità di fare agli ospiti domande che non fossero inerenti alla loro attività. Ad esempio venne Ugo Tognazzi di cui quest’anno ricorrono i 30 anni dalla morte e Tognazzi per la prima volta cucinò in uno studio televisivo. Fu allestita una cucina accanto allo studio e lui fece un risotto meraviglioso. Insomma, il programma era molto originale, per cui molto attori e personaggi facevano cose che non avevano mai fatto nella loro vita professionale”.
“Il talk show – racconta Lippi – è cambiato in modo straordinariamente affascinante con l’arrivo di Maurizio Costanzo che ha casualmente iniziato la strada del talk grazie ad un’idea di Guglielmi, un irripetibile direttore di Rai, che saltò un programma e gli chiese di condurre “Bontà loro”, dove Costanzo metteva insieme personaggi di diverse estrazioni.
Ricordo quando invitò un ministro bacchettone e lui gli fece trovare Cicciolina. Era evidente l’imbarazzo di questo politico di fronte alle provocazioni di Cicciolina. Maurizio fu bravissimo, Maurizio è bravissimo, con un’intelligenza straordinaria e poi proseguì con il “Maurizio Costanzo show”, il talk per eccellenza, che però non è come l’originale. Maurizio ebbe infatti – originariamente – una grandissima idea. Lui era stato in America e portò una grande trasformazione che forse non tutti hanno notato: lo sgabello.
La puntata si svolgeva con gli ospiti seduti a semicerchio, lui con lo sgabello si metteva dietro all’ospite. Sedendosi dietro, l’ospite era costretto a guardare davanti e il giornalista – in questo caso Costanzo si metteva un passo dietro, quindi non era prevalente, in questo modo moltissimi degli ospiti si lasciavano andare a confidenze, come una sorta di seduta dalla psicoterapeuta.
“Oggi il talk è prevalentemente di natura politica. L’abbiamo visto durante il lockdown ci sono state reti che hanno trasformato il palinsesto. Io ero rimasto al detto che “l’italia era un Paese di poeti e navigatori”, secondo me l’Italia è un paese di virologi. Obiettivamente due pareri uguali non sono mai riuscito a sentirli, intanto perchè si parla di qualcosa che non si conosce, i virologi tentano di capire questo virus, ma non se ne conosce la natura.
Non ho la presunzione di poter esprimere giudizio su un tema così grave nel mondo – continua Lippi – ma ciò che ritengo non proprio positivo è che si è arrivati impreparati, non tanto a livello medico, ma di organizzazione e gestione dell’emergenza. Siamo arrivati alla fine di agosto pensando di dover riaprire le scuole, con i banchi muniti di rotelle, anziché partire dal problema dei trasporti che affligge pendolari e studenti, dove c’è la maggiore possibilità di contagi. In questa fase si devono dimenticare le logiche di appartenenze partitiche, dovrebbero essere completamente cancellate, ci vuole una grande unione per combattere tutti contro questo virus sconosciuto e terrificante.
Infine alla domanda su quale programma gli piacerebbe oggi condurre il presentatore televisivo risponde: “Il mio sogno sarebbe fare un programma molto sereno dove far parlare le gente comune perchè in questo momento siamo tutti usciti un po’ stravolti dal lockdown precedente e questa attualità sta creando problemi a tutte le categorie.
Ci tengo a sottolineare che dietro la chiusura di teatri, di concerti e di spettacoli, non ci sono solo gli artisti che non si possono esibire, ma ci sono famiglie che vivono di stipendi normali e alcune di loro aspettano da mesi la cassa integrazione. Bisogna però restare fedeli “alle poche regole da seguire che abbiamo a disposizione: la mascherina, la distanza e l’igiene . La vita è sacra ed ognuno è responsabile della propria e di quella degli altri”.