ROMA – È diventato un mantra che si sente sempre più spesso: cambierà tutto nel mondo nell’automobile nei prossimi anni. Eppure diverse delle tecnologie più rilevanti non le vedremo a bordo delle vetture ma attorno. Un esempio: le telecamere istallate sui modelli che hanno un certo grado di automazione, da quella impiegata nei sistemi più semplici per il parcheggio assistito fino alle otto montate su ogni Tesla, produrranno entro il 2025 più video di qualsiasi altra fonte superando piattaforme online come YouTube o Facebook.
Immaginate cosa si potrà fare, nel bene e nel male, analizzando questa montagna di informazioni. Immaginate anche, usando come metro di paragone quel che è accaduto sui nostri smartphone, quanti nuovi servizi potranno essere forniti scandagliando il come, dove e quando guidiamo, e quel che vede la vettura mentre è in funzione. I servizi cloud come quelli forniti dalla californiana Renovo, basati sull’intelligenza artificiale, sono solo un assaggio.
Un altro pezzo di futuro lo potete invece trovare in tutte quelle sperimentazioni dove non si analizza solo l’ambiente circostante alla macchina ma anche cosa accade al suo interno: interpretazione dei gesti del guidatore, delle espressioni, del livello di attenzione come fa la Cerence. Altri lavorano sui cristalli a realtà aumentata per avere parabrezza che in sovraimpressione forniscano tutte le informazioni necessarie su direzione da prendere, condizioni del veicolo, meteorologiche e del percorso per non staccare gli occhi dalla strada. E poi la mobilità di nuova generazione con app per il trasporto su bici elettriche e monopattini che via via stanno aggiungendo nuovi mezzi, dai motorini alle vetture, oltre al noleggio a lungo termine. Lo schema è abbastanza chiaro: permetteranno di andare dal punto A al punto B con il mezzo più adatto e senza mai doverlo possedere. Sullo sfondo la velocità delle nuove reti di telecomunicazione, il 5G, forme sempre più evolute di guida autonoma, fonti di energia alternative agli idrocarburi come l’elettrico e l’idrogeno. Insomma, quel che sostiene il mantra è vero: con buona probabilità cambierà tutto nel mondo nell’automobile. Ecco come.
Quel che l’automobile saprà di te.
È già successo con il Web: attorno al 2009, con l’introduzione dei primi filtri nei motori di ricerca capaci di capire chi c’era dall’altra parte della tastiera, la Rete ha cominciato a sondare le nostre abitudini co servizi e pubblicità su misura. Qualcosa del genere sta per accadere anche nel campo dell’automobile grazie a veicoli sempre più connessi e capaci di immagazzinare dati riguardo a stili di guida, luoghi frequentati, consumi e comportamenti anche dentro l’abitacolo.
Come uno smartphone.
Avremo aggiornamenti continui del software e delle vetture per ottimizzarle secondo l’uso che ne facciamo, ma anche per fornire soluzioni e servizi su misura.
La guida (quasi) autonoma.
Gli advanced driver assistance systems (Adas) sono tutti quei sistemi che aiutano a parcheggiare e condurre la vettura. Per esteso si va dalle tecnologie dell’antibloccaggio dei freni (Abs) alla guida autonoma di livello 5 dove nel veicolo condotto dall’intelligenza artificiale è stato tolto volante e pedaliera. Dimenticatevi però di vedere auto simili nei centri urbani nel prossimo futuro. Non è solo una questione normativa ma di costi: un piccolo bus da otto posti in grado di procedere senza autista, parte dai 350 mila euro. Ecco perché vedremo al contrario un graduale aumento delle funzioni automatizzate di serie come quella per il parcheggio, il seguire la carreggiata o l’adeguare l’andatura in autostrada al veicolo che ci precede.
L’idrogeno.
L’infrastruttura, ovvero i distributori, è il principale ostacolo per la diffusione delle auto a zero emissioni basata sull’idrogeno. Motori del genere li hanno sperimentati in tanti, ma è la Toyota, con la Mirai, la prima ad averli messi sul mercato. È stata seguita dalla Nexo della Hyundai e dalla Clarity Fuel Cell di Honda. Il rifornimento richiede, a differenza delle auto elettriche, tre minuti. Troppo rare però le stazioni in Italia, almeno fino ad ora.
L’elettrico.
Più versatile dell’idrogeno, ma ha ancora grossi limiti nell’autonomia e nei tempi di ricarica. Si sta però lavorando a batterie di nuova generazione, così come a colonnine che permettano una ricarica in tempi più brevi.
Le meraviglie (future) del 5G.
Le reti per le telecomunicazioni di quinta generazione promettono prestazioni mirabolanti. Soprattutto consentiranno di avere un segnale stabile dieci volte più veloce del 4G anche quando si viaggia ad oltre 130 chilometri orari. E con una latenza, il tempo di risposta, infinitesimale. La prospettiva: veicoli che possono esser condotti da remoto con una precisione millimetrica, servizi streaming ad alta risoluzione anche quando si viaggia in autostrada, grandi quantità di dati inviate dalle macchine in circolazione per una gestione della viabilità in tempo reale. Fin qui il domani. L’oggi vede una copertura del 5G, non solo in Italia, ancora bassa e una velocità che è “solo” due volte e mezzo quella del 4G.
La fine della proprietà.
In Olanda la startup Swapfiets, che sta per sbarcare a Milano, via app affitta bici a lungo termine. Se si fora o se il mezzo viene rubato, entro 12 ore arriva una bici nuova o quella vecchia viene riparata. Si parte da 17 euro al mese per il modello base per arrivare ai 60 circa per quello elettrico. E sta già sperimentando i motorini elettrici a Berlino. Lime offre ora abbonamenti mensili per monopattini e bici e pensa anche lei ai motorini e auto elettriche. Uber in alcune città include il trasporto pubblico, oltre ai taxi e ai mezzi di Lime. ShareNow di Daimler e Bmw ormai consente di affittare l’auto non solo per una singola corsa ma per una giornata, una settimana o un mese. Nella guerra scoppiata fra le app per la mobilità l’obiettivo è comune: far tramontare la proprietà affermando il modello preso dallo streaming.
La vista aumentata del parabrezza.
La Apple lo scorso mese ha depositato un brevetto per un parabrezza che può visualizzare ologrammi con le indicazioni stradali, velocità di crociera, informazioni sullo stato della macchina e perfino videochiamate. Anche Tesla, fra le altre, sta lavorando alla realtà aumentata come strumento da usare dentro l’abitacolo. In poche parole è allo studio il cruscotto del futuro.
Quando le macchine si parleranno fra loro.
Le infrastrutture stradali sono costose da aggiornare, ma in un mondo dove tutte le auto sono connesse molte opere non saranno più necessarie. O almeno, è questo che sostengono alcuni operatori telefonici. In una dimostrazione fatta al Lingotto di Torino lo scorso autunno, sono state equipaggiate due macchine con sim 5G. I veicoli condividevano reciprocamente la posizione e se uno dei due non rispettava uno stop all’incrocio, l’altro si fermava automaticamente da solo. Facile immaginare una piattaforma unica di raccolta dati che, in caso di incidente, all’istante indirizza le macchine in arrivo su percorsi alternativi. Il sistema funziona però solo se è adottato da tutti i veicoli.
Il regno del cloud.
Le aziende che offrono servizi online per la produttività, da Microsoft a Zoom, hanno fatto salto da gigante in borsa. Accadrà la stessa cosa con quelle compagnie che analizzano i dati delle vetture connesse intuendo, grazie agli algoritmi, quali sono le reale esigenze dei singoli automobilisti e consigliando le case costruttrici su cosa offrire ai propri clienti. Fonte www.repubblica.it