“È improbabile, a meno di una diversa decisione del governo, che si arrivi a un lockdown generale come quello vissuto a marzo e aprile. Delle misure supplementari saranno introdotte perché la curva epidemica e la catena di diffusione del virus vanno interrotte, ma non è pensabile chiudere le scuole in un contesto dove non ci sia un vero lockdown“. Parla alla Dire Agostino Miozzo, medico e coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts), riflettendo sulle misure che saranno contenute nel prossimo Dpcm.
“Se un ragazzo non va a scuola- aggiunge- poi non dovrebbe nemmeno essere libero di andare al centro commerciale o di incontrarsi al bar con gli amici, che restano aperti fino alle 18. Trovo che questi indirizzi eterogenei non sono corretti, occorre invece un’impostazione omogenea in tutto il paese. Non ha senso che una Regione chiuda le scuole e quella limitrofa le rimanga aperte- sottolinea l’esperto- i limiti regionali sono virtuali e abbiamo migliaia di ragazzi che vivono in una regione ma vanno a scuola nella regione limitrofa, così si creano confusioni inaccettabili”.
La scuola rappresenta un rischio “calcolato e monitorato”, secondo Miozzo: “Nelle ore scolastiche gli studenti e i professori sono obbligati a seguire dei comportamenti. I rischi sono indubbiamente maggiori all’esterno, prima e dopo la scuola, perché è fuori la scuola che le comunicazioni sono superflue, superficiali e viziate dai social media. Ognuno dice e interpreta quello che vuole”. Per garantire alla scuola di funzionare bisogna fare di più: “Più tamponi, verifiche e monitoraggio. Occorre attivare un sistema di sorveglianza all’interno della scuola per verificare e bloccare i casi, i cluster e tutte le situazioni che dovessero emergere”, conclude.