Il buco dell’ozono che puntualmente si sviluppa sull’Antartico tra settembre e ottobre è diventato uno dei più grandi e profondi degli ultimi anni. Evento che ha dell’incredibile se si pensa a quanto accaduto l’anno scorso, ovvero quando venne registrata la minima estensione dalla sua scoperta.
Quest’anno 2020 è cresciuto rapidamente già dalla metà di agosto, raggiungendo il picco di circa 9,2 milioni di miglia quadrate all’inizio di ottobre (dati dell’Organizzazione meteorologica mondiale). Successivamente si è ridotto a circa 8,9 milioni di miglia quadrate – più del doppio delle dimensioni degli Stati Uniti per capirci – coprendo quasi l’intero continente antartico.
Il programma Global Atmosphere Watch dell’OMM lavora a stretto contatto con il Copernicus Atmospheric Monitoring Service (CAMS), con la NASA, con l’Environment and Climate Change del Canada e altri partner scientifici importanti nel monitoraggio dello strato di ozono terrestre. Ricordiamoci che stiamo parlando di uno strato della nostra atmosfera che protegge la Terra dalle radiazioni ultraviolette.
“C’è molta variabilità nella misura annuale nello sviluppo del buco dell’ozono. Nel 2020 assomiglia a quello del 2018, paragonabile come dimensioni, ed è sicuramente uno dei più grandi degli ultimi quindici anni circa”, ha dichiarato il direttore di CAMS Vincent-Henri Peuch.
L’esaurimento è direttamente correlato alle temperature nella stratosfera, dove si trova lo strato di ozono, perché le nubi stratosferiche polari che svolgono un ruolo importante nel processo si formano solo a temperature inferiori a -78 gradi Celsius (-108,4 Fahrenheit).
I cristalli di ghiaccio nelle nuvole reagiscono con i composti presenti nell’atmosfera, portando alla rapida distruzione dell’ozono quando sono esposti alla luce solare.
Rimani aggiornato in tempo reale su questa tematica direttamente sul tuo dispositivo, iscrivi ora!