Mesi passati a prendersi cura di pazienti gravi dentro la stazione Covid dell‘Ospedale Moscati di Taranto, in condizioni di lavoro ad alta intensità. Ritmi incalzanti di assistenza e soccorso rispettando scrupolosamente il protocollo anti-contagio. Poi una notte di novembre, alle 4 del mattino, dopo ore dentro il reparto, con indosso la tuta di biocontenimento, mascherina, occhiali e visiera para-droplets, il turno finisce. Un collega gli dà un passaggio a casa e il gesto è naturale, togliersi la mascherina, aprire i finestrini per respirare. “Due giorni dopo il mio collega è risultato positivo. Io ho cominciato a stare male: tosse, febbre, nessun odore. Non avevo affanno ma la Tac ha rivelato subito una polmonite interstiziale-alveolare. Sono peggiorato in un batter d’occhio“. A raccontare la sua esperienza da medico anti-Covid a paziente-Covid è Mario Balzanelli, 56 anni, presidente nazionale della Sis 118 e direttore della stazione Covid dell’ospedale Moscati di Taranto. “Ho scoperto su me stesso quanto galoppa il virus: in tempi velocissimi ho avuto un’alterazione importante del muscolo cardiaco, blocco della funzione renale, sepsi, gli alveoli polmonari anzichè essere pieni di aria si sono riempiti di liquidi e detriti cellulari. Ero preda di una prostrazione mortale. Da medico ho pensato che non ce l’avrei fatta”.
Balzanelli, nel reparto guidato da Giancarlo D’Alagni, è stato sottoposto ad alti flussi di ossigenazione, curato con remdesivir, cortisone, antibiotici, racconta. Da ieri è negativo: “Il mio aggressore è passato a miglior vita, oppure si nasconde molto bene”, dice Balzanelli, che intanto resta ricoverato fino a che la i suoi polmoni non gli consentiranno di respirare senza l’aiuto della maschera Cpap. Passare dalla parte del paziente ha reso ancora più forte l’impegno verso i malati di Covid del presidente del 118, che da mesi chiede a gran voce regole precise sulla presa in carico di chi ha contratto il virus in forma severa: “L’alta mortalità, 800 decessi al giorno, non è casuale. È correlata al fatto che intercettiamo troppo tardi i pazienti, li teniamo troppo a casa con terapie blande. Quando arrivano in ospedale la loro situazione infiammatoria, di scompenso respiratorio è deteriorata. La Sis 118 non è d’accordo con le terapie blande usate finora”.
“La presa in carico del paziente Covid con problemi respiratori deve essere immediata – spiega – l’intervento deve essere standard: tutte le ambulanze devono essere fornite di ventiilatori ad alta pressione ed emogasanalizzatori per verificare con precisione le condizioni del paziente, lo scambio gassoso polmonare, la concentrazione precisa di ossigeno e anidride carbonica”. E ancora: “Già sull’ambulanza del 118 si deve intervenire sul quadro disfunzionale”.
Non solo: Balzanelli definisce inaccettabile l’attesa dei malati in coda davanti agli ospedali. “Davanti agli ospedali devono essere organizzate strutture ricettive intermedie, tensostrutture o container, in attesa del ricovero. Non si può continuare a tenere malati severi in attesa per ore dentro i mezzi di soccorso, che poi finiscono in terapia intensiva, spesso quando la situazione clinica è senza speranze”, afferma ancora il presidente della Sis 118.
I dati degli esperti negli ultimi giorni hanno portato a parlare di picco dei contagi raggiunto, ma secondo Balzanelli i numeri non raccontano tutta la verità. “‘Il plateau raggiunto, il picco dei contagi sono solo cifre, la realtà ospedaliera è un’altra cosa: le strutture sono sature, i reparti sono strapieni, il sistema è prossimo a scoppiare. Di questo bisogna avere il polso”.
E conclude: “La Sis 118 chiede una condotta più responsabile da parte delle Istituzioni. Il governo – conclude Balzanelli – dia ascolto a chi si occupa di emergenza urgenza, stia a sentire, non si possono disattendere i doveri istituzionali. Dentro gli ospedali il plateau non si vede. La gente continua a stare male e a morire”. (ANSA).
Fonte Ansa.it