(ANSA) – ROMA, 20 DIC – Il lockdown derivato dalla pandemia
Covid e la chiusura, non recuperata in estate, dei tribunali ha
rallentato fortemente l’attività di recupero crediti in Italia
che ha perso oltre un quarto degli importi, con una
stabilizzazione a fine anno. Il settore, che conta su 200
aziende raggruppate nell’associazione Unirec con 17mila
dipendenti, guarda ora all’effetto delle regole Ue sul
trattamento dei crediti deteriorati dalle banche che entreranno
in vigore da gennaio e alla scadenza delle moratorie sui debiti.
Il presidente Francesco Vovk, in una conversazione con l’ANSA,
sottolinea che le moratorie “sono state giustamente varate per
andare incontro alle difficoltà degli italiani. Ora bisognerebbe
trovare un punto di equilibrio” per evitare che alla loro
scadenza e con le nuove regole più stringenti, le banche e gli
stessi debitori si trovino in difficoltà. “Occorre puntare sul
mercato secondario delle cessioni dei crediti a soggetti
specializzati che in Italia si è sviluppato in questi anni e che
può essere d’aiuto anche per i debitori” prevedendo “piani di
rientro” adeguati. Dal punto di vista del settore delle aziende
Unirec la pandemia ha costretto le aziende a passare
massicciamente, e con successo, al telelavoro ma la pressione
sugli affidi (che negli ultimi anni erano saliti costantemente
fino ai 132 miliardi del 2019), sui ricavi e quindi sui margini,
che viaggiavano già attorno al 7%, si è fatta ugualmente
sentire. Le aziende infatti lavorano a success fee e se gli
affidamenti si sono stabilizzati sugli stessi livelli dello
scorso anno, i recuperi scontano ancora un calo.
Per la segretario generale Michela De Marchi purtroppo il
Covid ha impattato sul sistema della giustizia italiano “che non
era già molto efficiente” nel suo complesso e non sono state
adottate alcune misure chieste dal comparto in merito alle
esecuzioni e alla riduzione del periodo feriale estivo che
avrebbe consentito di recuperare un parte dell’arretrato. “Non
siamo l’unico paese con i ritardi – sottolinea – però ora
bisogna che l’Europa si doti almeno di una rete fra le asset
management company (bad banks) nazionali. In questo senso
guardiamo a come verrà attuato il piano della Commissione Ue”.
(ANSA).
Fonte Ansa.it