“La classe dirigenziale ha il diritto di avere punti di vista diversi e anche di avere la lotta politica. È un diritto: il diritto di imporre la propria politica. Ma in questo tempo si deve giocare per l’unità, sempre“. Lo afferma papa Francesco nell’intervista al Tg5 andata in onda in serata su Canale 5. “In questo tempo non c’è il diritto di allontanarsi dall’unità – spiega -. Per esempio, la lotta politica è una cosa nobile, i partiti sono gli strumenti. Quello che vale è l’intenzione di fare crescere il Paese. Ma se i politici sottolineano più l’interesse personale all’interesse comune, rovinano le cose”.
“In questo momento la classe dirigenziale tutta non ha il diritto dire ‘Io’. Si deve dire ‘Noi’ e cercare un’unita davanti alla crisi – ribadisce il Papa rispondendo alle domande del vaticanista di Mediaset Fabio Marchese Ragona -. Passata la crisi ognuno ritorni a dire ‘Io’, ma in questo momento, un politico, anche un dirigente, un vescovo, un sacerdote, che non ha la capacità di dire ‘noi’ non è all’altezza. Deve prevalere il ‘Noi’, il bene comune di tutti. L’unità è superiore al conflitto”. Secondo Francesco, “i conflitti sono necessari, ma in questo momento devono fare vacanze. Bisogna sottolineare l’unità, del paese, della chiesa e della società. Chi dice che ‘in questo modo si possano perdere le elezioni’ dico che non è il momento, questo è il momento della raccolta. ‘L’uva si raccoglie in autunno’, questo è il momento di pace e non crisi, bisogna seminare il bene comune”. “Io dico a tutti i dirigenti – pastorali, politici, imprenditoriali – di cancellare per un po’ la parola ‘io’ e dire la parola ‘noi’. Perdi un’opportunità: la storia te ne darà un’altra. Ma non fare il tuo negoziato, il tuo negozio sulla pelle dei fratelli e delle sorelle che stanno soffrendo per la crisi. Davanti alla crisi, tutti insieme, ‘noi’, cancellare l”io’, per il momento”, aggiunge.
“Da dove possiamo ripartire? Io parto da una certezza. La pandemia è stata una crisi durata un anno e che continua ancora oggi. Ma da una crisi non se ne esce mai come prima, o se ne esce migliori o peggiori. Questo è il problema: come fare per uscirne migliori e non peggiori? Cosa ci aspetta in futuro? È una nostra decisione”, ha detto poi papa Francesco nell’intervista esclusiva al Tg5. “Se vogliamo uscirne migliori dovremo prendere una strada, se vogliamo riprendere le stesse cose di prima la strada sarà un’altra strada, e sarà negativa. E oltre alla pandemia ci sarà una sconfitta in più: quella di non esserne usciti migliori”, spiega il Pontefice rispondendo al vaticanista di Mediaset Fabio Marchese Ragona. “Dobbiamo fare un’analisi molto forte delle situazioni brutte che oggi si vivono nel mondo – prosegue -. Pensate ai bambini senza scuola e che soffrono la fame. Ci sono le statistiche delle Nazioni Unite che sono spaventose. Pensate ai bambini che sono nati con la guerra, da dieci anni vivono in guerra e che non sanno cosa sia l’odore della pace. Pensiamo solo ai bambini in generale: le statistiche sono terribili”. Secondo il Papa, “una domanda che tutti ci dovremmo fare è questa: cosa possiamo fare per poter far andare a scuola e per far avere da mangiare a tutti i bambini? Un altro problema riguarda le guerre perché c’è già la terza guerra mondiale, non coinvolge tutto il mondo ma esistono le guerre. E quindi dovremmo chiederci quale sia la strada per la pace. È un problema serio da prendere molto sul serio e se noi vogliamo uscire da questa situazione senza vedere queste cose allora l’uscita sarà peggiore”. “Dobbiamo uscirne considerando le cose concrete, nessuna fantasia: cosa possiamo fare per cambiare questa situazione? Le statistiche dicono che togliendo un mese di spese di guerra potremmo dare da mangiare a tutta l’umanità per un anno. Dobbiamo prendere coscienza di questa drammaticità del mondo, non è tutto una festa – aggiunge Francesco -. Per uscire da questa crisi a testa alta e in modo migliore dobbiamo essere realisti. Ci vuole realismo”.
Fonte Ansa.it