Le stime di Confcommercio Toscana e Coldiretti Toscana evidenziano la grave crisi della filiera agroalimentare innescata dalle chiusure obbligate dei locali, che si sono tradotte in mancata vendita di olio, vino e altri prodotti. Più di 40milioni di euro gli incassi mancati per il pranzo di Natale e il cenone di San Silvestro.
Per effetto della pandemia da Covid 19 la ristorazione toscana ha perso nel 2020 più di 3miliardi di euro di fatturato rispetto al 2019. Peggio di noi solo la Lombardia (che ha registrato quasi sette miliardi di euro in meno), poi Veneto, Lazio ed Emilia-Romagna, tutte intorno a quota -3,5 miliardi.
Nel complesso, secondo la stima di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi)-Confcommercio, in Italia sono andati in fumo quasi 38 miliardi di euro di fatturato a causa delle chiusure dei locali imposte dai Dpcm. Chiusure che si sono tradotte in mancati consumi e in una conseguente gravissima crisi dell’intera filiera agroalimentare, come confermano Confcommercio Toscana e Coldiretti Toscana.
“Solo per il mancato pranzo di Natale e il cenone di San Silvestro i ristoranti e gli agriturismi toscani hanno visto sfumare oltre 40 milioni di euro di incassi. E le aziende della filiera agroalimentare hanno perso moltissime vendite di olio, vino, carne, verdura e altri prodotti che nei consumi fuori casa hanno un importante canale di commercializzazione, se non il principale”, scrivono in una nota congiunta le associazioni di categoria regionali Confcommercio e Coldiretti.
Nel 2019 erano stati almeno 360mila i toscani che avevano scelto di consumare il pranzo di Natale al ristorante o in agriturismo, spendendo una cifra media di 45 euro. Per l’ultimo dell’anno erano stati invece circa 400mila, per una spesa media di 75 euro.
“Questi mancati incassi incidono profondamente sugli equilibri dell’intero comparto, sia sulla tenuta occupazionale, sia sulla sussistenza delle imprese ristorative e agroalimentari. Che, al di là dei servizi e dei prodotti che offrono, garantiscono anche la conservazione di importanti patrimoni italiani: lo stile dell’accoglienza, la qualità di vita, la tutela del paesaggio. Ecco perché dobbiamo aiutare il settore con sostegni economici ben più solidi e strutturati rispetto ai ristori stabiliti finora dal governo”.
Il 2021 si apre ancora in salita per gli oltre ventimila pubblici esercizi esistenti in Toscana e, di conseguenza, per le imprese della filiera agroalimentare che li riforniscono. “Con il passaggio in zona gialla, il consumo nei locali è consentito fino alle ore 18, ma mancano turisti e lavoratori in smart working, poi le cene sono ancora interdette e qualcuno vorrebbe addirittura sospendere l’asporto tra le 18 e le 22, lasciando solo la possibilità della consegna a domicilio. Sarebbe un accanimento contro bar e ristoranti che non riusciamo francamente a comprendere: non ci pare abbia fondamenti medico-scientifici e non risolve la questione degli assembramenti, anzi pare aggravarla perché – come dimostrano recenti fatti di cronaca – i problemi nascono quando il ‘divertimento’ è organizzato spontaneamente fuori dai locali. Dentro i locali le regole di sicurezza vengono osservate e gli operatori in questi mesi hanno investito molto per consentire ai propri clienti di effettuare le consumazioni senza pericolo”.
“Riaprire i locali garantirebbe di tenere la situazione più sotto controllo e consentirebbe di non morire ad un intero comparto che è stato da sempre fiore all’occhiello del made in Italy”.