In questo periodo sento nel cuore una domanda urgente, una necessità che non posso più rimandare.
Abbiamo capito a nostre spese quanto l’epoca che stiamo vivendo ci conduca verso un progetto disumanizzante di essere umano.
Abbiamo vissuto nella convinzione di poter dominare il mondo con la tecnica perché possiamo assegnare una durata alla vita, riprodurla oppure decidere di eliminarla fin dalla sua origine con una semplice pillola, modificare il mondo per adattarlo alla nostra bramosia, creare malattie in laboratorio ed eliminarle attraverso altre pillole e sieri, possiamo essere un genere neutro e insegnare ad altri ad esserlo, possiamo essere soli ma accedere alla comunità mondiale dalla sedia di casa nostra, con un semplice click dal cellulare.
Abbiamo stabilito in modo unilaterale la misura del giusto facendola coincidere con ciò che possiamo creare, fare, sperimentare, realizzare e l’opera dell’uomo è diventata il modello unico da seguire per essere considerati e accettati dalla comunità.
Abbiamo creato un mondo moralista ma privo di morale perché abbiamo orientato i valori per avvallare questo dominio che l’uomo pretende di esercitare su tutto e tutti e coloro che non vi soggiacciono sono censurati, esiliati, osteggiati, dileggiati e soprattutto calunniati.
Abbiamo ridotto il contenuto delle nostre libertà al tecnicamente possibile.
Abbiamo ridotto l’etica al tecnicamente possibile perché oggi quando l’essere umano afferma “io posso”, quella possibilità diventa anche buona solo in quanto realizzabile dall’uomo grazie alle sue conoscenze e capacità e ad essa si danno le vesti di cosa buona e giusta, anche se l’effetto è disumanizzante.
Abbiamo diminuito il concetto di giustizia all’umanamente possibile, “io ho diritto perché posso” e potendo fare molto grazie alla tecnica e al progresso, abbiamo visto uno schizofrenico proliferare di leggi e di nuovi diritti.
E i diritti sono diventanti l’espressione della volontà dell’uomo di dominare il mondo invece che il mezzo per raggiungere la giustizia per il singolo e l’armonia nella società.
Ma leggi e diritti che hanno come scopo quello di assecondare la fame di potere dell’uomo e la sua volontà di trarre profitto anche dalla vita degli uomini, come fossero merci, generano azioni che, seppur legittime perché provenienti dalle Autorità competenti, sono amorali perché deprivano l’essere umano della sua sacralità.
Abbiamo ridotto la retta dell’orizzonte vocazionale dell’uomo ad uno scopo, fare quanto io essere umano posso fare, abbandonando la dimensione del Mistero che regna dentro la persona umana e dico Mistero perché oggi possiamo decidere quando morire e persino quando dare corso alla vita artificialmente ma non è possibile conoscere perché proprio quella vita e non un’altra e nessuna tecnica ce lo potrà mai spiegare, il significato della vita di ciascuno di noi, anche in relazione alla comunità, non è misurabile, non è possedibile.
Abbiamo voluto atteggiarci a padroni del mondo perché ci siamo illusi che la libertà di plasmare il mondo ci avrebbe reso uomini liberi e soprattutto felici.
Invece ci siamo consegnati volontariamente ad un nuovo padrone, replicando il dominio dell’uomo sull’uomo e abbiamo dimenticato che questo è un male che genera male.
Chi possiede la tecnica oggi esercita un governo sul mondo e l’economia, il profitto che deriva dal controllo della tecnica sull’uomo, ha sostituito le democrazie, scalzato la politica, che è espressione dell’uomo libero nell’ambito di una comunità.
Eppure credo, percepisco che mai come in questo tempo di pandemia abbiamo compreso di esserci solo illusi. Perché per quanto si possa essere padroni del mondo, non si sarà mai padroni della vita.
Con tutta la nostra tecnica, nessuna call on line potrà soddisfare la fame di un abbraccio, nessuna pillola che ci svuota il ventre potrà anche riempirci il cuore, nessun siero potrà far venir meno la necessità di una relazione di cura libera e amorevole, nessuna scelta di genere potrà neutralizzare pure l’orientamento del cuore, nessun manuale potrà mai codificare l’animo dell’uomo e il Mistero del senso di una vita.
Abbiamo capito che vogliamo emanciparci dal dominio dei padroni del mondo, che possiamo e dobbiamo dire no ad ogni forma distorta di potere dell’uomo sull’uomo, sia esso tecnocrazia o scientismo, mondialismo o greenismo ecc ecc
Ed ecco che mentre facciamo questo passo in avanti non possiamo fare a meno di chiederci dove andare? Da dove ricominciare? Su quali basi rifondare?
E non possiamo sfuggire a questa domanda o pensarci dopo perché allora stiamo solo preparando la strada per un nuovo padrone. Dobbiamo affrontare la crisi, cioè la scelta, nel suo significato etimologico.
Siamo chiamati a scegliere tra il cedere alle lusinghe del posso tutto, che riconducono l’uomo al misurabile e dominabile, e la necessità di riconoscere e accettare quanto è vero per l’uomo e cioè che la persona umana non si esaurisce nel tecnicamente misurabile o riproducibile ma appartiene ad un Mistero che nessuno può dominare o possedere, se non per un atto di superbia, perché nessuno può decidere quale sia il valore e il perché di una persona umana.
L’uomo a cui dobbiamo ritornare è un uomo integro perché non più amputato del suo Mistero e quindi un uomo libero di realizzare la sua umanità come individuo e come parte di una comunità.
Solo l’uomo integro è un uomo libero.
Noi siamo liberi perché siamo nati integri. Questa libertà discende dal diritto naturale e può solo essere riconosciuta tramite la parola ma essa comunque è. Per questo non dobbiamo avere paura di dire no, di procedere, di tornare alle nostre origini e di riconoscere che esse sono il bene noi.
E l’uomo integro è infatti quello che i nostri padri costituenti, dopo aver conosciuto la tirannia e la sopraffazione della persona umana, ci hanno consegnato nella nostra Costituzione proprio perché la sopraffazione e la tirannia non si potessero ripetere.
L’art 2 della Costituzione, articolo cardine, recita La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
L’uomo visto nella nostra Costituzione è quindi un uomo concepito nei momenti essenziali della sua esperienza, sia nella concretezza della sua esistenza, sia nella sua multidimensionalità, materiale e immanente, spirituale e trascendente (Nicola Occhiocupo)
E non sarà la politica a riconsegnarci questo uomo integro e libero se prima come società non usciamo dall’illusione di poter possedere il mondo e non riconosciamo, come diceva Capograssi, illuminato filosofo del diritto e giudice della prima corte costituzionale che “l’individuo ha la sua vita, la quale è soggetta a sue leggi e suoi fini, ha un suo destino, che si compie per mezzo di tutte le libere e spontanee formazioni dell’esperienza concreta …l’unico possibile fondamento ad un ordine che voglia essere ordinamento di vita e non di morte, è niente altro che questa intima costruzione della vita; rispettare la vita per come me è, con le leggi, le esigenze, i fini, le condizioni che sono sue, lasciare che la vita viva e si svolga secondo le profonde leggi che ne fanno la sua verità.”
Le leggi profonde della vita non possono che essere quelle che rispettano il Mistero racchiuso dentro l’uomo, la sacralità della sua vita, senza pretese di possesso. Solo esse permettono, attraverso le libertà, il compimento di ogni destino, senza scopi finalistici di profitto.
In questa prospettiva la visione solidaristica dell’art. 2 della Costituzione significa che la comunità è il luogo di realizzazione del singolo e dello sforzo generoso di tutti per permettere che ciascuno possa compiere il destino cui è chiamato e con esso il destino della comunità.
Capograssi scriveva che l’uomo è sociale nel senso che “si dona e riceve, quando unisce la sua vita con la vita degli altri, dona il suo sforzo, e riceve lo sforzo degli altri e ne nasce quella vita più ricca di realtà che è la vita comune.”
La contrapposizione tra bene del singolo/bene collettivo oggi tanto invocata per sopprimere le libertà, è quindi un artificio che – per favorire gli interessi di chi si atteggia a padrone del mondo – vuole oscurare la possibilità che questi due poli – singolo e comunità – si risolvano nell’armonia cui gli uomini sono chiamati. Come un accordo musicale che è composto di singole note che insieme formano un unico suono.
Per raggiungere la realizzazione individuale e l’armonia sociale è necessario un cammino di verità che respinga ogni artificio posto in essere dall’uomo padrone del mondo, che si illude di potere tutto.
Senza Verità non c’è giustizia reale e non ci potrà essere pace negli uomini e tra gli uomini.
Rispettare la vita per come è, secondo le sue leggi vere, realizzare il proprio destino di essere umano libero con le sue esigenze spirituali, far confluire il proprio destino nella comunità è il disegno intriso di Verità che dobbiamo perseguire.
A questo disegno oggi dobbiamo dire si, con una rinnovata consapevolezza e una riscoperta memoria dei padri costituenti.
Perché sempre citando il Capograssi si possa avere un mondo umano cioè giusto di una giustizia realizzata con mezzi giusti, e libero, di una libertà realizzata per mezzo della libertà. Mondo umano della storia: mondo fatto dagli uomini, per gli uomini, ma umanamente cioè rispettando l’uomo e le leggi profonde e le profonde esigenze spirituali dell’umanità.