Rivincono gli indipendentisti in Catalogna. Nonostante i tre partiti Erc, Junts per Catalunya e Cup si siano presentati separati alle elezioni, una loro alleanza post-voto li porterebbe ampiamente a superare la maggioranza assoluta del parlamento catalano, pari a 68 voti. Su 135 seggi, secondo i dati diffusi stasera al termine dello scrutinio, l’eventuale blocco indipendentista ottiene infatti 74 seggi mentre tutti gli altri, che comprendono forze molto lontane politicamente tra loro (socialisti, Ciudadanos, Ecp, Vox e Partito popolare) si fermano anche sommati a 61 seggi. Le elezioni catalane – segnate da un crollo dell’affluenza rispetto al 2017 per il coronavirus che in Catalogna ha finora fatto registrare oltre 540 mila contagi e quasi 9.900 morti – sembrano così assestare un altro schiaffo a Madrid. Il Partito socialista catalano (Psc), affiliato al Psoe del premier spagnolo Pedro Sanchez che come candidato di punta ha schierato il suo popolare ministro della Sanità Salvador Illa, ha fatto registrare un deciso balzo in avanti rispetto a quattro anni fa, quasi raddoppiando i seggi (33 rispetto ai 17 che aveva) e forse addirittura vincendo in termini di voti. Ma non basterà ad ottenere la guida della ricca Catalogna. Hanno ottenuto 33 seggi anche gli indipendentisti di ERC (Esquerra Republicana de Catalunya, sinistra repubblicana catalana), ancora presieduta da Oriol Junqueras, in carcere per il referendum illegale e la dichiarazione d’indipendenza del 2017. Gli altri separatisti di Junts dell’esule in Belgio Carles Puigdemont sono la terza formazione più votata, ottenendo 32 seggi. E ancora, gli indipendentisti minoritari di Cup ottengono 9 seggi. L’estrema destra di Vox a sua volta entra nel Parlamento catalano con 11 seggi. Il Psc potrebbe tentare sulla carta una coalizione tutta di sinistra con Catalunya Ecp e Erc, ma quest’ultima ha preso chiaramente le distanze da un’ipotesi del genere già in campagna elettorale. Più probabile si appresti a guidare il blocco indipendentista: ciò le consentirebbe di provare a imporre la sua agenda più moderata, lontana dalla via unilaterale all’indipendenza (perseguita dai secessionisti duri e puri di Junts) e favorevole invece ad un pressing su Sanchez per un referendum concordato con il governo centrale di Madrid. Anche questa però una strada tutta da esplorare.
Fonte Ansa.it