“Il Collegio dei Probiviri, convocato nella riunione odierna, ha deciso a maggioranza dei suoi componenti di applicare quanto automaticamente previsto dallo Statuto in caso di espulsione dal gruppo parlamentare e procederà già da oggi con l’apertura dei procedimenti nei confronti dei parlamentari a cui è stata comunicata l’espulsione, da parte dei capigruppo di Camera e Senato, in seguito al voto di fiducia sul governo degli scorsi giorni”. Lo comunica il Collegio dei Probiviri. “Contestualmente” all’apertura delle procedure di espulsioni “inizierà una fase di attenta verifica su tutti i portavoce non in regola con le rendicontazioni, procedendo fin da oggi con le prime aperture di procedimento per i più ritardatari”.
“Non sto capitanando correnti, scissioni, formando partiti. Sto provando da fuori a portare avanti determinate battaglie Se fossi stato un parlamentare avrei votato no”. Lo ha detto Alessandro Di Battista in una diretta Instagram. “Come è possibile avallare un governo con Fi? Non vi vado bene adesso? Amen, allora” quando leggeva le sentenza sui rapporti fra Dell’Utri e la mafia “andavo bene, oggi no? È il M5s che non la pensa più come me, non io che non al penso più come il M5s. Non farò scissioni né correnti. Qualcuno dice che ho il simbolo di Italia dei Valori, ma quando mai? Chi lo dice è un avvelenatore di pozzi. Sono uscito dal M5s senza sbattere la porta”.
Caos espulsi 5S, pontieri in campo ma Crimi non cede – Non ci sono più certezze nel Movimento 5 Stelle dell’era Mario Draghi. La scure dei vertici sui dissidenti del Senato e della Camera alimenta un nuovo caos, che va ad incunearsi nel cuore del Movimento, il collegio dei Probiviri. Dove uno dei membri, Raffaela Andreaola, chiede di fatto che la procedura di espulsione nei confronti dei parlamentari dissidenti sia fermata fino all’elezione della nuova governance. Ma i vertici tirano dritto. Ventuno deputati, nel pomeriggio, sono espulsi dal gruppo del Movimento. “Basta tensione, il M5S evolve e cresce, guardiamo ai cittadini”, è la chiusura di Vito Crimi. Ma la voce del capo politico, nonostante il Garante Beppe Grillo sia sulla stessa linea, stavolta non basta. E la guerra fratricida divampa nel Movimento, con Alessandro Di Battista pronto a tornare in trincea, nel pomeriggio di sabato, con un Instagram Live. “Sono passati 920 giorni dalla Strage di Genova. I parenti delle vittime del crollo del Ponte Morandi aspettano la revoca delle concessioni da 920 giorni. Qualcuno ha ascoltato il Presidente Draghi parlare della questione? No!”, attacca in mattinata l’ex deputato preparando la strada di un’opposizione totale all’esecutivo Draghi, attraverso la quale il “Dibba” non vuole lasciare il palco solo alla leader di Fdi Giorgia Meloni. Il rebus, tuttavia, è dove si andrà a collocare, a livello di partito e simbolo, l’opposizione di Di Battista. Visto che, ancora in queste ore, c’è chi scommette che alla fine l’uomo della piazza tornerà nel M5S al momento giusto. Magari proprio per prendersi il Movimento. Chi si sta organizzando, invece, sono gli ortodossi espulsi al Senato e alla Camera. I numeri ci sono, il simbolo potrebbe esserci presto. “Il simbolo Idv in Senato può far costituire un Gruppo formato da almeno 10 senatori”, scrive su Fb Elio Lannutti, già legato all’Idv prima del suo ingresso nel M5S. Sul simbolo, tra l’altro, ci sarebbe anche la disponibilità del segretario Ignazio Messina. “E quindi i dissidenti si prendono il simbolo dell’Idv? Contenti loro…”, ironizza una fonte di primo piano del Movimento. Alla Camera non è necessario che il simbolo sia stato presentato alle ultime elezioni. Alcuni rumors prevedono che per il neo-gruppo, possano essere riportati in auge nome e simbolo di Alternativa Libera, che nella scorsa legislatura radunò diversi fuoriusciti. Non tutti, però, sono convinti dalla formazione dei nuovi gruppi. Giovanni Russo, alla Camera, è dato vicino a Fdi. Al Senato i “big” Barbara Lezzi e Nicola Morra non hanno ancora sciolto la riserva. Intanto, c’è chi nel Movimento prova a recuperare i dissidenti, facendo da pontiere tra i vertici e gli ortodossi. “Ricordo che tanti colleghi che hanno votato in dissenso sono parte fondamentale del Movimento, oltre che amici fraterni e compagni di tante battaglie. Serve unità adesso”, sottolinea la vice presidente Paola Taverna, tra i sì più “sofferti” al governo Draghi. Mentre, tra gli espulsi, in tanti – da Michele Sodano a Matteo Mantero – puntano il dito contro Crimi: “la scelta dell’espulsione non spetta a lui, ci aveva già minacciato”. E la guerra interna al M5S si incrocia pericolosamente con l’elezione del nuovo Comitato a 5 membri. Al momento, ufficiosamente, gli unici due che hanno ventilato la candidatura sono, per paradosso, due espulsi: Morra e Lezzi. Di Battista, che formalmente non è fuori dal Movimento, in teoria potrebbe candidarsi. Nell’ala governista, invece, regna l’incertezza. Alfonso Bonafede si sfila, Luigi Di Maio non ha ancora fatto la sua prima mossa, la corrente “Parole Guerriere” si è anche spaccata sul sì a Draghi. La confusione regna, l’insofferenza cresce. “Io con questo tafazzismo non ci sto, facciamo il gioco di chi vuole spaccarci”, protesa Fabio Massimo Castaldo.
Fonte Ansa.it