Oltre 100.000 visitatori dal 10 febbraio scorso: questo il bilancio della Mostra “L’Eterno e il Tempo – Tra Michelangelo e Caravaggio” allestita fino al 17 giugno a Forlì
Il direttore generale delle Mostre, Gianfranco Brunelli, è il principale artefice di quella che Antonio Paolucci, presidente del Comitato scientifico e già direttore dei Musei Vaticani, ha definito la “Santa Alleanza” tra privato e pubblico – la Fondazione Cassa dei Risparmi e il Comune di Forlì-, che in pochi anni ha trasformato la cittadina romagnola in un polo artistico di rilevanza internazionale.
Mostre sempre originali che sarebbe riduttivo definire “didattiche”, perché all’imponente apparato critico uniscono una spettacolarità attrattiva cui non è estranea la suggestione delle imponenti strutture, mirabilmente riadattate, del Convento e della Chiesa di San Domenico, che risalgono al XIII secolo.
Gioiello nel gioiello la mostra allestita nel complesso museale di San Domenico, -la tredicesima-: con opere che dall’ultimo Michelangelo a Caravaggio descrivono il fil rouge tra personalità diversissime che delinea i fondamenti dell’età moderna. Raffaello, Rosso Fiorentino, Pontormo, Lorenzo Lotto, Sebastiano del Piombo, El Greco, i Carracci, Veronese, Tiziano. San Domenico è ancora una volta una wunderkammer di mirabilia capace di attrarre un pubblico di tutte le età.
“Il target” dice Brunelli “è quanto mai diversificato, e al pubblico pagante, che ancora una volta ci consente di raddoppiare in ricavato l’investimento iniziale, si aggiungono i numerosi gruppi di studenti che colpiscono per interesse e partecipazione”. Il 16 giugno si terrà una conferenza stampa nel corso della quale si annuncerà l’evento dell’anno prossimo, per ora top secret. Nel frattempo, si potranno ammirare le opere “eterne nel tempo” che hanno un capostipite ideale in Michelangelo Buonarroti: una lucerna, secondo Vasari, una lampada destinata tutti i pittori e gli scultori che vengono dopo.
Non si potrà mai prescindere dal suo insegnamento e dalla sua arte. Così come non si può non rimanere scossi dalla folgorazione nel buio di Caravaggio, che non a caso è presente nell’ultima sala del percorso: se in Buonarroti si dissolve ogni vanità terrena, nel suo omonimo da Caravaggio una umanità lacera, troppo umana, bussa, con umana prepotenza, alle porte del cielo.
Bruno Stefanat