(ANSA) – ROMA, 10 MAR – Non è stato fuoco amico ad ucciderli.
E’ il tassello di certezza da cui parte l’indagine della Procura
di Roma che sta tentando di chiarire tutti gli aspetti relativi
alla morte dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del
carabiniere Vittorio Iacovacci, morti in Congo il 22 febbraio
scorso. I pm di piazzale Clodio stanno analizzando l’attività
istruttoria svolta dai carabinieri del Ros a Kinshasa che per
cinque giorni ha raccolto una serie di testimonianze a
cominciare da chi quel giorno era con i due italiani sulla
strada nella zona nord-est del Paese africano, nell’area del
Parco di Virunga. Gli investigatori, negli uffici
dell’ambasciata italiana, hanno ascoltato in primo luogo Rocco
Leone, vicedirettore del Pam Congo, e sopravvissuto al blitz dei
sequestratori. Il testimone ha di fatto confermato quanto emerso
dai primi risultati delle autopsie svolte a Roma. L’ambasciatore
e il carabiniere sono morti nel corso di “un intenso conflitto a
fuoco” e raggiunti dagli spari della banda che aveva tentato di
sequestrarli. “Iacovacci – hanno sostanzialmente affermato i
testi ascoltati – è intervenuto per tentate di portare via
l’ambasciatore dalla linea del fuoco nella sparatoria tra
sequestratori e Rangers intervenuti. A quel punto gli assalitori
avrebbero sparato nella direzione dei nostri connazionali”. Non
è stata quindi una esecuzione sommaria, ma un furioso scontro a
fuoco. L’attività istruttoria svolta a Kinshasa si è avvalsa
della collaborazione della Farnesina e di Onu e Pam. (ANSA).
Fonte Ansa.it