La Francia ci impartisce lezioni di democrazia a base di pernacchiette
Una buona notizia che all’apparenza non lo è: Emmanuel Macron – il signorino dall’inspiegabile e irresistibile ascesa che dall’anno scorso regna sui cugini d’Oltralpe- e il suo governo insultano e disprezzano l’Italia e gli italiani. Non con la decrepita boutade “pizza, mafia, spaghetti e mandolino”, ma con ben più eleganti locuzioni, del genere “vomitevoli”. Tutto perché il governo Conte -che secondo la sondaggista Alessandra Ghislieri raccoglie le speranze di cambiamento del 69% degli italiani- ha deciso di liberare le nostre coste dallo strapotere degli scafisti assassini che da anni riversano prima in mare e poi sui porti italiani migliaia di esseri umani. L’Europa è latitante, come sappiamo, e molti -più o meno sinceramente interessati alla questione dell’accoglienza- negano dati di fatto come quelli relativi agli sbarchi del 2017. Il ministro degli Esteri Moavero Milanesi, in seguito agli insulti illuministi certamente dettati dall’immortale principio “Fraternité”, ha convocato l’ambasciatore francese, ma -insulto nell’insulto- questi ha delegato una funzionaria di terza categoria. Per molto meno, e per fortuna in altri tempi, sarebbe immediatamente seguita una dichiarazione di guerra. Macron ha detto, in pratica, che lui è l’unico democratico e che perciò risponde agli italiani non con argomenti ma con la classica pernacchietta francese. Poi si è voltato con sdegno dall’altra parte e ha, tra l’altro, assegnato alla potentissima e matura consorte Brigitte un aumento del 20% dell’emolumento dovuto (chissà a quale titolo, ma nel Paese di Montesquieu funziona così) alla Première Dame, che sale così a 538.000 euro annui. Nel frattempo, forse per operare una democratica spending review, ha abbassato di 5 euro l’Aiuto Personale all’Alloggio Personale (APL), un sussidio all’affitto di 60 euro, abolito 100 mila contratti di lavoro assistiti (emploi aidé: un sussidio al datore di lavoro che assume un lavoratore sfavorito), cancellato 120 mila posti di dipendente pubblico.