(ANSAmed) – BEIRUT, 08 APR – Un anno e mezzo dopo
l’imposizione di fatto da parte del cartello delle banche
libanesi del controllo dei capitali nel contesto della peggiore
crisi economica del Paese negli ultimi 30 anni e del default
finanziario, gli istituti di credito hanno avviato una massiccia
campagna di licenziamenti dei propri quadri medio-bassi.
Lo denuncia oggi il sindacato degli impiegati di banca del
Libano, che chiede alle autorità di intervenire perché “si metta
fine” alla campagna di “licenziamenti illegittimi” avviata
dall’autunno scorso da parte di tutti gli istituti di credito
libanesi.
Secondo fonti bancarie citate dal quotidiano libanese
L’Orient-Le Jour, i licenziamenti sono cominciati in sordina già
l’anno scorso e hanno assunto proporzioni significative a
novembre del 2020.
A febbraio scorso si stimava una riduzione del 20%
dell’intero comparto impiegatizio, che fino alla fine del 2019 –
quando ha cominciato a palesarsi la crisi in tutta la sua
gravità – contava circa 25mila persone.
Le principali banche libanesi, d’accordo con la Banca
centrale, avevano da metà novembre 2019 cominciato a limitare
l’accesso dei piccoli e medi risparmiatori ai loro depositi in
valuta pesante, per lo più in dollari statunitensi, proponendo
invece di usufruire dei risparmi in lire libanesi cambiate
secondo un tasso di cambio sempre più svantaggioso.
La lira locale ha perso dall’ottobre del 2019 a oggi circa
il 90% del suo valore. Con la conseguente impennata dei prezzi
delle merci al consumo, per lo più importate in dollari e in
euro, e dei servizi essenziali, in larga parte privatizzati.
Da 18 mesi le sedi delle banche libanesi sono state teatro
di atti di vandalismo e di attacchi da parte di frange sempre
più nutrite della popolazione libanese impaurita dallo spettro
dell’insicurezza alimentare. L’Onu stima che più della metà
della popolazione locale vive ormai sotto la soglia di povertà.
(ANSAmed).
Fonte Ansa.it