Daniele Paci, il magistrato che risolse il caso, fu pesantemente ostacolato nelle indagini
Fu un caso che sconvolse la vita quotidiana dei cittadini dell’Emilia Romagna: sette anni di rapine, 23 morti, tra cui poliziotti tratti in inganno e poi uccisi a sangue freddo, due senegalesi innocenti mitragliati “per divertimento”. Terrore, connivenze, silenzi, per poi scoprire che gli assassini erano i fratelli Savi, tre poliziotti bolognesi (di cui uno ex). L’accesso illimitato alle armi e la tecnica delle imboscate avevano, dunque, una spiegazione. Ma Paci fu ostacolato in molti modi, addirittura ammonito dal Csm e i due poliziotti che lo coadiuvarono gratis e utilizzando attrezzature proprie non ebbero alcuna promozione, “in quanto avevano indagato su dei colleghi”. Il Liceo Classico psicopedagogico “Cesare Valgimigli” di Rimini ha ospitato nei giorni scorsi Daniele Paci, che ha spiegato agli studenti che l’antidoto alla corruzione esiste, partendo da una delle frasi più significative di Pio La Torre, ucciso nel 1982 a causa del Disegno di legge sulla associazione a delinquere di stampo mafioso che aveva presentato alla Camera: “lo so… lo so che a voi la mafia sembra un’onda inarrestabile…ma la mafia si può fermare e insieme la fermeremo!”. Insieme, per l’appunto, coinvolgendo la mentalità delle nuove generazioni, e non soltanto con distaccate azioni di repressione. Per cinque mesi gli studenti del Valgimigli, all’interno di un progetto intitolato “Io cittadino”, sono stati attivi in discussioni, elaborazioni di interviste alla popolazione, powerpoint e poster, con una partecipazione superiore a ogni aspettativa.
Sotto: l’arresto di Roberto Savi, uno degli assassini della Uno bianca