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Papa Francesco e giovani, Circo Massimo-Roma (AFP)
“La paura è all’origine di ogni dittatura. Sulla paura del popolo si basa ogni dittatura”. Papa Francesco ha voluto riaffermarlo nell’omelia della messa da lui celebrata a Sacrofano per alcune associazioni e famiglie impegnate nell’accoglienza di profughi e migranti. “Dovremmo cominciare a ringraziare – ha esortato Francesco – chi ci da’ l’occasione di questo incontro, ossia gli ‘altri’ che bussano alle nostre porte, offrendoci la possibilità di superare le nostre paure per incontrare, accogliere e assistere Gesù in persona”.
“Il Signore – ha affermato Papa Bergoglio – parla oggi a noi e ci chiede di lasciare che Lui ci liberi dalle nostre paure. Di fronte alle cattiverie e alle brutture del nostro tempo, anche noi, come il popolo d’Israele, siamo tentati di abbandonare il nostro sogno di libertà”. Secondo il Pontefice è “legittima paura” quella che proviamo “di fronte a situazioni che ci sembrano senza via d’uscita. E non bastano le parole umane di un condottiero o di un profeta a rassicurarci, quando non riusciamo a sentire la presenza di Dio e non siamo capaci di abbandonarci alla sua provvidenza. Così, ci chiudiamo in noi stessi, nelle nostre fragili sicurezze umane, nel circolo delle persone amate, nella nostra routine rassicurante. E alla fine rinunciamo al viaggio verso la Terra promessa per tornare alla schiavitù dell’Egitto”.
“Questo ripiegamento su sè stessi, segno di sconfitta, accresce il nostro timore verso gli altri, gli sconosciuti, gli emarginati, i forestieri. E questo si nota particolarmente oggi, di fronte all’arrivo di migranti e rifugiati che bussano alla nostra porta in cerca di protezione, sicurezza e un futuro migliore”.
“Il timore è legittimo, anche perché manca la preparazione a questo incontro. Non è facile entrare nella cultura altrui, mettersi nei panni di persone così diverse da noi, comprenderne i pensieri e le esperienze. E così, spesso, rinunciamo all’incontro con l’altro e alziamo barriere per difenderci”.
“Siamo chiamati invece a superare la paura per aprirci all’incontro. E per fare questo non bastano giustificazioni razionali e calcoli statistici. Mosè dice al popolo di fronte al Mar Rosso, con un nemico agguerrito che lo incalza alle spalle: ‘Non abbiate paura’ perché il Signore non abbandona il suo popolo, ma agisce misteriosamente nella storia per realizzare il suo piano di salvezza. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato e carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito. È davvero Lui, anche se i nostri occhi fanno fatica a riconoscerLo: coi vestiti rotti, con i piedi sporchi, col volto deformato, il corpo piagato, incapace di parlare la nostra lingua…”.
“Anche noi, come Pietro, potremmo essere tentati di mettere Gesù alla prova, di chiedergli un segno. E magari, dopo qualche passo titubante verso di Lui, rimanere nuovamente vittime delle nostre paure. Ma il Signore non ci abbandona! Anche se siamo uomini e donne di poca fede, Cristo continua a tendere la sua mano per salvarci e permettere l’incontro con Lui, un incontro che ci salva e ci restituisce la gioia di essere suoi discepoli. E chi ha avuto la forza di lasciarsi liberare dalla paura, chi ha sperimentato la gioia di questo incontro è chiamato oggi ad annunciarlo sui tetti, apertamente, per aiutare altri a fare lo stesso, predisponendosi all’incontro con Cristo e la sua salvezza”.
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