Quasi la metà degli italiani ‘boccia’ il lavoro da casa, divenuto, però, necessario durante la pandemia da Covid-19: se, infatti, emerge da una ricerca della Fondazione studi dei consulenti del lavoro (effettuata su un campione significativo di occupati ‘agili’), il 71,1% degli ‘smart workers’ dichiara di aver “diminuito le spese per spostamenti, vitto e vestiario, investendo in consumi legati al tempo libero (nel 54,7% dei casi)”, c’è un 48,3% che paga il conto ‘salato’ sul fronte psico-fisico per “l’utilizzo di sedie e scrivanie improvvisate” tra le mura domestiche. Colpisce, poi, nell’analisi dei professionisti, la differente reazione tra uomini e donne, rispetto agli incarichi svolti ‘da remoto’: in termini relazionali e di carriera, la componente maschile pare averne patito maggiormente (il 52,4% contro il 45,7% delle donne), “guadagnando, tuttavia, in produttività e concentrazione. Viceversa – si legge – le occupate hanno sofferto l’allungamento dei tempi di lavoro (il 57% contro il 50,5% degli uomini) e l’inadeguatezza degli spazi casalinghi (42,1% contro 37,9%), evidenziando un maggior rischio di disaffezione verso le proprie mansioni (44,3% rispetto al 37% dei colleghi)”, concludono i consulenti.
Fonte Ansa.it