Pubblicato il: 18/02/2019 14:26
Di fronte a un mondo dell’occupazione in continuo cambiamento, saper svolgere bene il proprio lavoro è importante, ma lo è ancora di più saperlo descrivere e raccontare agli altri, che si tratti di un datore di lavoro o potenziale cliente o consumatore. Occorre un nuovo approccio narrativo che renda una carriera professionale o aziendale unica e originale e che raggiunga gli obiettivi prefissati. Così, ci si può avvalere della tecnica dello storytelling, un paradigma di comunicazione strategico ed efficace, che fa leva sulle emozioni per lanciare un messaggio preciso e ottenere in cambio il coinvolgimento del destinatario. Insomma, il curriculum non basta più, è necessario integrarlo e andare oltre. Come? Attraverso, appunto, il personal storytelling il cui obiettivo è ‘narrare se stessi’, i traguardi raggiunti, gli ostacoli superati, esperienze positive e negative.
Molto diffuso all’interno di contesti e ambiti tra loro diversi, dal mondo delle aziende a quello della politica, lo storytelling, infatti, è un’utile risorsa che fornisce una serie di strumenti in grado di allargare il campo dei codici comunicativi in possesso di un individuo per raccontare una carriera professionale o nel caso di un’azienda per coinvolgere emozionalmente i clienti e gli stessi dipendenti sfruttando emozioni, parole, suoni e immagini con un simbolismo in grado di parlare a pubblici diversi, proprio come accade con le storie.
È ideale per un’originale presentazione di sé da allegare al cv che non sia un mero elenco di competenze ed esperienze ma un vero e proprio racconto della propria storia lavorativa che trasforma una semplice risorsa umana in un professionista dotato di un capitale narrativo.
“Attraverso lo storytelling il curriculum può diventare più rilevante e professionalmente interessante trasformando l’inventario dei titoli in una serie di tappe che definiscono una professionalità o una traccia di professione futura”, dichiara Andrea Fontana, presidente di Storyfactory, società di consulenza strategica di Milano. “È importante – sottolinea Fontana – spiegare i legami tra le attività svolte, chiarire come i nostri titoli abbiano realmente dato dei frutti, citando, all’occorrenza, i propri mentori, cioè le persone che ci hanno aiutato a diventare quello che siamo oggi. Il curriculum non è solo un oggetto cartaceo o digitale, ma anche un processo di empowerment che gli individui possono usare oggi, anche in periodi di inoccupazione o cambiamento professionale, per riflettere su se stessi, perfezionare la propria storia, ridefinire i propri percorsi futuri e posizionarsi meglio nella ricerca di occupabilità e crescita”.
“Anche gli sbagli contano, bisogna imparare a raccontarsi – avverte – includendo gli errori. Gli imprevisti aiutano a capire come si è capaci di cambiare e apprendere. Cosa che può far pendere l’ago della bilancia per questo o quel candidato. Le aziende non cercano solo titoli di studio, fondamentali, ma vogliono capire il significato delle competenze acquisite e comprendere il progetto professionale di una persona non per darle una scrivania su cui sedere ma obiettivi da realizzare”.
“Bisogna sapersi raccontare. Chi cerca un’occupazione può servirsi dello storytelling per evidenziare competenze e abilità ma soprattutto gli elementi della propria employability, le passioni, le motivazioni profonde e abilità emotive”, osserva Andrea Fontana, che è anche docente di ‘Storytelling e narrazione d’impresa’ all’Università degli studi di Pavia, da anni impegnato a collaborare con grandi aziende e istituzioni per perfezionare i ‘racconti’ dei loro brand, prodotti o servizi.
Non è più un semplice e freddo inventario di titoli conseguiti e lavori svolti, ma uno spazio per raccontare chi siamo, quali sono gli step che abbiamo superato, che ci hanno portato a diventare la persona di oggi, professionalmente e umanamente: è, quindi, questo il curriculum vitae che si redige avvalendosi della tecnica dello storytelling, per renderlo più coinvolgente. Una tendenza che si sta, dunque, sempre di più diffondendo. Lo storytelling, infatti, nasce con il chiaro scopo di comunicare efficacemente. È idea comune che il curriculum farcito di punti e asterischi sia l’unico modo per prevalere sulla concorrenza, ma non sempre è così. Si stima, infatti, che, in media, manager di azienda e recruiters dedichino tra i 6 e gli 8 secondi ad esaminare un curriculum.
In un mondo caratterizzato da forte competitività dove in tanti possiedono eccellenti e comprovate competenze, riuscire a definire gli aspetti significativi e principali di cui si è portatori per superare la prima valutazione, è fondamentale. Al riguardo, Andrea Fontana – autore di numerosi testi sulle nuove modalità di comunicazione aziendale e politica con approccio narrativo – spiega come costruire una narrazione di sé per perfezionare il cv. Oltre alle informazioni basilari (chi siamo, dove viviamo e i contatti), si lavora a una ‘short story’ personale: un testo di qualche riga con frasi brevi e chiare, dove evidenziare le competenze più importanti acquisite durante il percorso lavorativo.
Seguono le svolte personali e professionali, non solo attraverso un elenco di posizioni lavorative occupate e di mansioni svolte ma soffermandosi su ciascun impiego raccontando un fatto o un imprevisto affrontato da soli o in team e come si è concluso con successo. Lo scopo è dare una prima idea di se stessi e delle potenzialità, espresse e inespresse, come storia complessiva, progetto di vita, in modo che chi lo legge entri in sintonia emotiva con noi e decida di approfondire.
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