ROMA – Niente a che vedere con la percezione di realtà invisibili come recitano alcune tradizioni religiose ed esoteriche. Molto più concretamente il “terzo occhio” potrebbe salvare la vita di molti pedoni diventati smartphone-dipendenti. Seppure doloroso e non privo di risvolti negativi, lo scontro con un muro o un palo, è niente rispetto a quello che potrebbe accadere finendo, senza accorgersene poiché “incollati” allo schermo del telefonino, in mezzo a una strada trafficata.
Così, un po’ per scherzo e un po’ per la preoccupazione dovuta all’aumento dei casi di incidenti che vedevano coinvolti pedoni troppo presi dal proprio smartphone, un giovane designer industriale sudcoreano ha trovato la soluzione al problema. Il 28enne Paeng Min-wook, laureato in ingegneria del design dell’innovazione al Royal College of Art and Imperial College London, ha sviluppato un bulbo oculare robotico che ha battezzato “The Third Eye” che si può fissare sulla fronte. Come le bambole di una volta che chiudevano gli occhi ogni volta che venivano girate in posizione orizzontale, il dispositivo, al contrario, apre la sua palpebra traslucida ogni volta che rileva l’abbassamento della testa dell’utente verso il display.
Quando lo smartphone-dipendente arriva a uno o due metri da un ostacolo, il sistema emette un segnale acustico per avvertire dell’avvicinarsi del pericolo. “Questo è l’aspetto dell’umanità futura con tre occhi – ha dichiarato ironico Paeng mentre mostrava l’uso del terzo occhio nei dintorni di Seul – Dato che non possiamo togliere gli occhi dagli smartphone, l’occhio in più sarà necessario in futuro”. Il dispositivo messo a punto da Paeng utilizza un sensore giroscopico per misurare l’angolo obliquo del collo dell’utente e un sensore a ultrasuoni per calcolare la distanza tra l’occhio robotico ed eventuali ostacoli. Al di là della bontà del progetto, lo stesso giovane ingegnere ha sottolineato che la sua invenzione non deve essere intesa come una soluzione ma come un avvertimento: “Presentando questa soluzione ironica, spero che le persone riconoscano la gravità della loro dipendenza dai gadget e riescano a ravvedersene”. (m.r.)
Fonte www.repubblica.it