ROMA – La battuta velenosa che circola tra i più ostinati negazionisti del futuro elettrico è che adesso ci sono in offerta più modelli che acquirenti disposti a formalizzare un acquisto. C’è del vero dietro questa sintesi brutale: basta buttare in occhio in giro per le concessionarie e si scopre che oggi il ventaglio delle proposte è ben più ampio di quanto verrebbe da credere: 34 vetture per quasi tutti i portafogli, dalla Porsche Taycan alla piccola Smart Fortwo volendo metterle in fila per centimetri.
Sono stati gli ultimi tre anni ad accelerare le presenze sul mercato, con tutto un crescendo di vetture nuove che hanno messo voglia a nuovi acquirenti, anche se i progressi nelle vendite fanno più impressione per le crescite in percentuale piuttosto che nei numeri. Succede sempre così quando si parte con le svolte epocali, e la svolta elettrica epocale lo è perché è una scelta che parte prima dalla testa che dal cuore.
I costruttori lo sanno bene ed è per questo che, spesso anche in perdita, stanno spingendo forte sull’offerta di modelli sempre nuovi. Lo fanno per togliere le scuse a chi deve cambiare la macchina: se la direzione è questa, è inutile aspettare come invece era capitato alle soglie della crisi economica nel 2009. Chi ha buona memoria ricorda che su spinta soprattutto di Renault e Nissan non si parlava d’altro che di vetture elettriche con l’allora numero uno dell’unione franco-giapponese, Carlos Ghosn, che profetizzava, clamorosamente sbagliando, un mercato attorno al 10% nel giro di nemmeno un decennio. Al tempo c’era la visione ma non l’offerta, e all’iniziale interesse ha fatto seguito una diffusa disillusione in chi aveva creduto in fretta nel nuovo mondo. Gli esperti di vendite lo chiamano “effetto vetrina vuota” per esprimere la depressione che prende chi vuole comperare e si trova con ben poche possibilità di scelta. E ci mettono come contraltare l’entusiasmo che generano gli scaffali pieni e fitti di colori differenti delle grandi catene dei supermercati.
Oggi è invece il contrario perché, un brand dopo l’altro, tutti si stanno convertendo; e più si sentono in buona compagna più si buttano perché se c’è lui non posso non esserci anch’io. Il risultato è che oggi c’è già l’imbarazzo della scelta, modelli adattati per non far sentire troppo originale chi si avvia alla conversione pulita e modelli con uno stile proprio, in alcuni casi volutamente sfacciato, per farli riconoscere. Perfetti questi ultimi per i trend setter, quelli che amano esplorare le nuove vie e ci tengono a farlo sapere.
L’autonomia è cresciuta e molte delle obiezioni dei tradizionalisti ad oltranza sono state superate, almeno dal lato dei produttori che già stanno guardando con apprensione e delusione ai ritardi delle infrastrutture e alle colpe di chi governa imponendo il nuovo che avanza ma si sottrae dal fare la sua parte.
Rimangono ancora due problemi, però. Il primo riguarda i possibili acquirenti e il secondo preoccupa i produttori: il prezzo d’acquisto e le resistenze delle reti di vendita.
Nel primo caso bisogna dire che finalmente gli incentivi statali, in aggiunta agli sforzi delle Case automobilistiche, cominciano ad essere sensibili soprattutto sulle vetture con il listino più abbordabile. Non c’è ancora l’offerta stracciata, quella a portata di quasi tutte le tasche, ma non si è nemmeno distanti anni luce com’era ancora un lustro fa, quando bisognava proprio essere ostinati per investire una cifra esagerata in una utilitaria. Insomma, credevo fosse amore invece era un calesse.
Ma il prezzo sempre più alto rispetto a un modello simile in proporzioni, classe e prestazioni di un’auto con un motore termico è anche il freno più temuto da chi le auto le produce e le deve piazzare attraverso la rete di vendita sul territorio. Quello che spaventa i costruttori è che il venditore nel momento stesso che vede il cliente incerto di fronte alla cifra da sborsare, per paura di perdere un contratto, si affretti di corsa a proporre la versione più simile che ha in casa all’insegna del «Ma se vuol spendere meno prenda questa: sa quanta strada dovrà fare prima di arrivare a tir fuori di tasca i soldi dell’elettrica.»
Considerateli, se volete, gli ultimi due gradini prima del definitivo sdoganamento; ostacoli che riguardano soprattutto la grande massa, quella indispensabile per svoltare. Chi si può permettere i gioielli nell’alto di gamma non ha certo questi problemi: a casa ha sicuramente il garage dove ricaricare e in banca i soldoni . In più, oggi, ha anche l’imbarazzo della scelta.
Fonte www.repubblica.it