Un bambino residente nel Mezzogiorno ha un rischio del 50% in più di morire nel primo anno di vita rispetto ad uno che nasce nelle regioni del Nord. Tanto che, solo nel 2018, se il Mezzogiorno avesse avuto lo stesso tasso di mortalità infantile delle regioni del nord, sarebbero sopravvissuti 200 bambini. A mettere in luce le profonde disparità è uno studio in pubblicazione sulla rivista Pediatria, presentato in conferenza stampa della Società Italiana di Pediatria (Sip).
n base agli ultimi dati Istat disponibili, nel periodo 2006-2018 si è verificata una progressiva diminuzione della mortalità neonatale (nei primi 28 giorni di vita) e infantile (nel primo anno di vita), che hanno portato l’Italia a raggiungere tra i più bassi del mondo. In particolare, nel 2018 si sono avuti 1266 decessi nel primo anno di vita e la mortalità neonatale è stata del 2,01 per 1000 nati vivi. Si continua però ad osservare un’ampia variazione territoriale. Nel Mezzogiorno dove si sono avuti il 35,7% di tutti i nati, i decessi neonatali e infantili sono stati rispettivamente il 48% e il 45% rispetto a quelli avvenuti in Italia. La Sicilia, la Calabria e la Campania sono state quelle con i tassi più elevati. Inoltre, le differenze diventano ancora più evidenti per i figli di genitori stranieri che risiedono al Sud (+100%).
“L’idea che nascere in un particolare territorio possa offrire una minore probabilità di cura e di sopravvivenza non è accettabile”, ha commentato la presidente Sip Annamaria Staiano. “Serve sinergia per invertire questi trend allarmanti e la Sip sta già mettendo in campo iniziative per intervenire in modo proattivo su un modello assistenziale così a rischio di disuguaglianze,” ha concluso Giovanni Corsello, ordinario di Pediatria all’Università di Palermo ed Editor in Chief di Italian Journal of Pediatrics
Fonte Ansa.it