L’algoritmo di YouTube che consiglia cosa vedere agli utenti continua a suggerire contenuti divisivi e pieni di disinformazione, nonostante i diversi annunci fatti da Google di cambiamenti. Lo afferma uno studio di Mozilla, riporta il sito TechCrunch, secondo cui sarebbe necessaria da parte dell’azienda una maggiore trasparenza, ad esempio pubblicando finalmente l’algoritmo utilizzato.
L’analisi, a cui hanno partecipato 37mila utenti, si basa su una estensione del browser da cui era possibile per gli utenti segnalare video che si erano ‘pentiti’ di aver visto e, nel caso di filmati suggeriti dall’algoritmo, quale fosse il video ‘di partenza’. Dagli utenti sono arrivate diverse segnalazioni di ‘pentimenti’, comprese quelle su video che diffondono disinformazione sul Covid o su questioni politiche. Il 71% dei ‘regret reports’ veniva da video consigliati dall’algoritmo, che avevano il 40% di probabilità in più di essere segnalati rispetto a quelli cercati autonomamente dall’utente. I contenuti ‘rigettati’, spiega il report, sono maggiori del 60% in paesi che non hanno l’inglese come lingua, con Brasile, Francia e Germania che hanno generato alti livelli di ‘pentimenti’, soprattutto su contenuti riguardanti la pandemia. “Quello che volevamo fare – spiega Brandi Geurkink, l’autrice principale – era esplorare le storie degli utenti di una ‘caduta nel tunnel’ di YouTube, e francamente sono state confermate”.
“L’obiettivo del nostro sistema è quello di mettere in contatto gli spettatori con i contenuti che amano e ogni giorno vengono consigliati più di 200 milioni di video solo sulla homepage – ha spiegato un portavoce di Google a TechCrunch -. Oltre 80 miliardi di informazioni vengono utilizzate per informare i nostri sistemi, comprese le risposte ai sondaggi degli spettatori su ciò che vogliono guardare. Lavoriamo costantemente per migliorare l’esperienza su YouTube e solo nell’ultimo anno abbiamo introdotto oltre 30 diverse modifiche per ridurre i consigli sui contenuti dannosi. Grazie a questo cambiamento, il consumo di contenuti limite che deriva dalle nostre raccomandazioni è ora notevolmente inferiore all’1%.
Fonte Ansa.it