In due saggi, a partire dal 1995, aveva intuito che l’ideologia frenetica della mondializzazione scavalcava, senza tener conto delle conseguenze, le opinioni pubbliche occidentali. L’immigrazione predicata come ineluttabile agli europei e la paura
Da huffingtonpost.it
“La crisi – scriveva Giulio Tremonti – era stata bandita dall’orizzonte teorico dei pensatori della globalizzazione. Il poeta di corte, Francis Fukuyama, aveva decretato la fine della storia. L’ideologia – che non era solo economica, ma anche politica, mediatica, culturale, accademica – escludeva per principio la possibilità di un arresto“. Come una figura profetica, Tremonti, più volte ministro dell’economia e delle finanze nei governi di Silvio Berlusconi, ha incarnato per primo il passaggio della critica alla globalizzazione dalla sinistra radicale alla destra. Nel 1995, aveva scritto “Il fantasma della povertà”, un saggio nel quale scorgeva lo spettro che avrebbe spaventato le opinioni pubbliche occidentali negli anni a venire, lo spettro dell’immigrazione. È con “La paura e la speranza”, però, che la sua critica della globalizzazione diventa sistematica: “Il lato oscuro emerse con la crisi dei mutui subprime, quando il motore truccato dell’economia si inceppò. I governi di centro-sinistra avevano accelerato i processi di mondializzazione, portandoli avanti a una velocità folle. Nessun mutamento di queste proporzioni era mai avvenuto nella storia dell’umanità in un tempo così breve, appena vent’anni. Per questo dico che la globalizzazione è stata la cosa giusta, realizzata nei tempi sbagliati“.
“La sinistra – argomenta Tremonti – ha smesso di capire le ragioni dei popoli. Si è preoccupata in modo ridicolo delle condizioni del contadino indiano, credendo che i derivati avrebbero stabilizzato il valore dei suoi raccolti. E non si è preoccupata di comprendere i sentimenti delle persone che invecchiano in Europa, la paura che provano per una minaccia che sentono arrivare dall’esterno – come l’immigrazione –, oppure l’angoscia per un nemico interno, la rivoluzione digitale che li fa sentire superati e inutili. La talpa populista ha scavato il suo cunicolo sotto la cattedrale della globalizzazione nutrendosi di queste energie. Mentre la sinistra è rimasta in superficie a difendere la stabilità dell’edificio minacciato. I sovranisti hanno preso in mano la bandiera dell’anti globalizzazione non perché siano particolarmente astuti, ma perché la sinistra è stata particolarmente stupida. Io stavo su un’altra barricata, la barricata dello studio e dei libri. Riconosco però che – dalla parte opposta alla mia – il movimento di Seattle e di Genova, almeno, aveva intuito cosa si stava annunciando nel mondo“.