Un mastodonte con 14.000 dipendenti che deve assumere collaboratori a tempo determinato per realizzare i programmi. Un refugium peccatorum dove i peggiori servi dei partiti vengono mandati per eseguire ordini, con stipendi da nababbi
E’ desolante vedere come non cambi niente sotto il sole, nemmeno sotto quello rovente di questi giorni. Sfidiamo la maggior parte degli italiani a spiegarci -se lo hanno capito- perché il presidente designato Marcello Foa (un professionista di indubbio valore) sia sgradito al vegliardo Berlusconi e ai suoi manutengoli. Che in Commissione di vigilanza hanno bocciato la nomina votando insieme a Pd e Leu. Ma questo si può umanamente capire: i tre inediti sodali sono accomunati dal rischio di estinzione.
Un balletto indecente, su cui tutti speculano: dal PD che ha esercitato la medesima lottizzazione di cui ora si lamenta (e basta vedere i telegiornali, dove i renziani tuttora comandano e indirizzano a senso unico l’informazione, sparando contro il governo “gialloverde” a palle incatenate), ai brandelli di Forza Italia che insistono a non scomparire dalla scena, come vorrebbe la maggior parte degli italiani. Ha perfino messo in campo, il Vegliusconi, il presidente dell’inutile Parlamento europeo, Tajani -che sembra il gemello, anche quanto a povertà di idee, di un altro pariolino illustre inspiegabilmente assurto ai vertici politici, l’ex-ministro dello Sviluppo economico (“il proprio”), Calenda-. I più imbecilli sostengono che Foa va eliminato dalla scena perché “sovranista”. Una caccia alle streghe iniziata col veto altissimo (in senso di Colle) a Paolo Savona al ministero dell’Economia. Vade retro sovranista! Questo potrebbe essere il prossimo titolo -cediamo volentieri il copyright- di (Tengo) Famiglia Cristiana, il giornaletto parrocchiale che invece di occuparsi del Vangelo si occupa di Salvini in toni apocalittici, minacciando scomuniche proprio come nel Medioevo si comminavano ai nemici dello Stato della Chiesa, e non certo per motivi religiosi. E poi si dice che la Chiesa attuale non rispetta la Tradizione: la rispetta eccome, indottrinando ancora i suoi seguaci con formule che uniscono la superstizione alla bassa ragion politica.
Quanto alla RAI, un luogo definito “prima cassa di risonanza della politica”, dove da sempre autisti, fattorini e dattilografi diventano miracolosamente e da un giorno all’altro dirigenti di primo livello, perché fiondati dalle segreterie dei partiti e senza nessun altro merito, sarebbe davvero ora di metterci una pietra sopra. Tombale. Il perché è presto detto: la mission della RAI, e cioè il servizio pubblico, è da molti anni cessato, proprio nel senso di buttato nel cesso dai parassiti della peggior politica militante, che si servono dell’aziendona di Viale Mazzini e dei suoi mille satelliti territoriali per eseguire gli ordini dei loro padroni. Per di più facendo pagare agli italiani un vergognoso e ingiustificabile canone. In pratica, gli italiani da moltissimi anni pagano un ulteriore canone alla politica (come se già ne pagassero pochi).