Secondo uno studio di Unioncamere-InfoCamere , negli ultimi 5 anni sono aumentate di circa 6mila unità le imprese del cibo ad asporto. Lombardia la regione con il numero più alto di imprese attive, Trentino Alto Adige la più in crescita
C’è un settore in Italia che non conosce crisi ed è quello del cibo take-away. Un business per 40mila imprese, quasi 6mila in più in soli 5 anni, per una crescita che sfiora il 17%, secondo quanto emerge dalla fotografia scattata da Unioncamere-InfoCamere sui dati del Registro delle imprese italiane tra il 30 giugno 2013 e il 30 giugno 2018. A livello regionale è la Lombardia a registrare il numero più alto in Italia di pizzerie a taglio e take-away (6.176), seguita dal Lazio (4.164) e dall’Emilia-Romagna (3.902). Ma in termini relativi, nell’ultimo quinquennio è stato il Trentino Alto Adige ad aver messo a segno la crescita più marcata (+27%), seguito dalla Sicilia (+24%) e dalla Lombardia (+22%).
A livello provinciale, il primato in termini di concentrazione di imprese va a Roma, dove rosticcerie e friggitorie superano le 3mila attività. Seguono Napoli e Milano che si attestano sulle 2mila realtà. Le tre province sono ai vertici della classifica anche in termini di aumento delle attività tra il 2013 e il 2018: +634 a Roma, +516 Milano e +433 Napoli. Anche nelle realtà provinciali più piccole, però, i cittadini possono oggi contare su una rete crescente di attività specializzate nel cibo da asporto. I bolzanini hanno a disposizione, ad esempio, il doppio di esercizi (+52,7%) in più rispetto a giugno 2013. I bellunesi il 46,2% e i pisani il 42,8%. Aumenti oltre il 30% interessano, oltre alla provincia di Milano, anche quelle di Palermo e Livorno.
In un settore caratterizzato da un sempre più alto tasso di competizione, non tutti riescono tuttavia a tenere in piedi la propria attività a 5 anni dalla nascita. Delle imprese nate nel 2013, la metà ha abbassato la saracinesca entro i primi cinque anni di attività e 1 su 3 non è riuscita ad andare oltre il terzo anno. Le province italiane in cui il take-away ha vita più lunga sono Sondrio, Aosta, Belluno e Terni, dove i tassi di mortalità delle attività iscritte nel 2013 sono inferiori di oltre 10 punti percentuali alla media nazionale (45,6%). Di contro ad Isernia, Frosinone, Foggia e Brindisi 2 esercizi su 3 non superano la prova dei cinque anni.
I negozi di questo tipo rappresentano ancora la prima forma di investimento per le comunità straniere e in particolare per quella extraUE che, con le quasi 9mila attività, nel periodo in esame ha visto aumentare il suo numero di oltre 2mila unità (il 36% dell’intero incremento di imprese del comparto), corrispondente ad una variazione percentuale superiore al 30% (contro il 17% fatto registrare da tutte le attività del settore). Tra i paesi di provenienza degli imprenditori stranieri (con riferimento alle sole imprese individuali, le uniche per cui è possibile associare la nazionalità al titolare), quello più rappresentato è l’Egitto, con 2mila imprese individuali esistenti alla fine dello scorso giugno. Sugli altri gradini del podio le comunità di Pakistan e Turchia, rispettivamente con 790 e 533 esercizi. Podio confermato dalle tre comunità anche per la crescita in termini assoluti, mentre l’analisi degli incrementi in termini relativi del periodo porta alla ribalta alcune nazionalità non scontate: è il caso dell’Afghanistan, che ha visto aumentare di 4 volte il numero di pizzerie e rosticcerie in cinque anni, o del Bangladesh, per cui la crescita è stata superiore all’80%.