In Italia giornalisti, conduttori tv, virologi, ministri, politici sembrano diventati tutti rappresentanti di un’unica azienda farmaceutica,mentre negli Stati Uniti si stanno raccogliendo venti che potrebbero alimentare un tifone.
A cosa si riferisce?
Al “venerdì nero” (il 17 scorso, per i superstiziosi) che ha sconvolto le aspettative di Biden e di Big Pharma. Per rispondere alla richiesta del presidente americano di fare una terza dose di vaccino a tutta la popolazione, la Fda ha convocato la Commissione consultiva, come da prassi per decisioni così importanti. A differenza delle misteriose riunioni delle istituzioni sanitarie italiane, la riunione era pubblica.
In sintesi, cosa è successo?
Che durante il dibattito sono emersi molti elementi in grado di avallare l’ipotesi che l’aumento degli effetti indesiderati sia dose-dipendente: per cui un soggetto esposto a ulteriori inoculazioni rispetto alle due previste, può vedere aumentare significativamente gli effetti collaterali.
Sicché alla fine, dopo ore di accesa discussione, la Commissione ha votato “no” alla richiesta di Biden con 16 voti contro 2, consentendo la terza dose solo agli ultra 65enni e agli individui ad alto rischio di contrarre l’infezione.
Scatenando il panico nelle istituzioni, per il diniego a dare seguito alle richieste di Biden, mentre la bocciatura ha provocato cali in borsa delle aziende coinvolte, ma non così forti come si poteva immaginare, semplicemente perché i contratti di vendita era già stati firmati da tempo.
Ma la pressione di Big Pharma non ha mollato, e venerdì 24, fatto davvero inconsueto, il Cdc, l’agenzia federale gemella della Fda, ne ha sovvertito le decisioni con uno stratagemma: ha deciso che potranno ricevere la terza dose le persone sopra i 18 anni a rischio di infettarsi per motivi di lavoro. Il che significa tutti coloro che sono a contatto con il pubblico o con i clienti; quindi quasi tutta la popolazione che lavora.
Mentre si svolge il braccio di ferro tra lobby e agenzie federali, la comunità scientifica seria ha preso in grande considerazione le affermazioni di alcuni esperti convocati.
Durante l’udienza della Commissione consultiva, il prof. Steve Kirsch, direttore del Covid-19 Early Treatment Fund, ha affermato che le iniezioni stanno uccidendo più persone di quante ne stiano salvando: “Oggi concentrerò le mie osservazioni sull’elefante nella stanza che nessuno vuole vedere: parliamo sempre di vite salvate e di efficacia dei vaccini perché abbiamo voluto credere che i vaccini fossero completamente sicuri, e questo non è vero per niente … il Vaers (il sistema di rilevazione passiva di effetti collaterali, nda) mostra che gli attacchi di cuore si sono verificati 71 volte più spesso a seguito di questi vaccini rispetto a qualsiasi altro vaccino. Più in generale possiamo dire che abbiamo ucciso due persone per salvare una vita”.
Ora, si tratta indubbiamente di affermazioni molto gravi, che però circolano già da tempo nella comunità scientifica non solo americana. Con una sola differenza rispetto all’Italia: una simile presa di posizione negli States viene discussa, e i suoi sostenitori invitati a partecipare alla Commissione consultiva dell’Fda. Da noi i medici che osano esporsi pubblicamente con dubbi sui vaccini molto meno gravi di questi, vengono sospesi o addirittura radiati. Mentre i medici delle terapie domiciliari stanno aspettando da un anno di essere ricevuti dal ministro Speranza, che ha fatto ricorso al Consiglio di Stato per far confermare il suo assurdo protocollo “Paracetamolo e vigile attesa”, unanimemente stroncato dalla letteratura scientifica internazionale, dai medici sul campo, e in Italia messo fortemente in dubbio anche dal prof. Giuseppe Remuzzi, direttore scientifico dell’Istituto Mario Negri. A proposito del Mario Negri, con un commento che ha fatto molto rumore, il suo presidente, il prof. Silvio Garattini, in una trasmissione televisiva ha dichiarato che al momento l’unico vantaggio della terza dose è per i fatturati delle aziende farmaceutiche.
Tornando alla riunione della Commissione consultiva della Fda, l’immunologa e biologa Jessica Rose ha osservato che, sulla base dei dati Vaers, “i rischi del vaccino superano i benefici nei giovani, e in particolare nei bambini, a causa di un aumento di mille volte delle reazioni avverse all’iniezione nel 2021 rispetto agli ultimi decenni. C’è un aumento di oltre il 1000% nel numero totale di eventi avversi per il 2021 (nei bambini per i vaccini nel loro complesso) e il 2021 non è ancora finito”, ha detto Rose.
Chi avesse voglia e tempo, e conosce bene l’inglese, può guardarsi l’intera registrazione di 8 ore dell’evento.
Personalmente suggerirei in primis al ministro della Salute, ai vertici del Cts, ai giornalisti scientifici e a quelli generalisti che scrivono di virus senza adeguato background, ai virologi televisivi e ai conduttori di talk show così fermamente convinti dell’efficacia e sicurezza di questi vaccini, a guardarsi almeno tre volte di fila questo video. Perché ci impongono da mesi l’ascolto del loro disco rotto, che contiene delle vere e proprie falsità: “questi vaccini non sono più sperimentali perché sono già stati sperimentati su due miliardi e mezzo di persone. E sono efficaci e sicuri”. Ma se vengono “sperimentati” significa che sono sperimentali: o no? I documenti ufficiali parlano di autorizzazione condizionata fino alla fine della sperimentazione sul campo prevista per il 2023. Come si può affermare che non sono sperimentali?
Sulla sicurezza, vedi sopra. Sull’efficacia, la stessa Pfizer ha dichiarato che essa già dopo 4-6 mesi può diminuire fortemente, fino a quasi scomparire dopo 7 o 8 mesi, mentre il green pass dura 12 mesi; ma allora, come la mettiamo? Ad un certo punto diventa una licenza di infettare? Senza dimenticare che oramai è accertato che i vaccinati possono anch’essi ammalarsi e contagiare.
In particolare, i vertici delle istituzioni della salute dovrebbero mandare a memoria l’appello del dott. Robert Malone, lo scienziato che ha rivestito un ruolo chiave nella scoperta e nella realizzazione dei farmaci a Rna messaggero: “I medici sono sempre più scoraggiati dall’impegnarsi in un discorso professionale aperto e nello scambio di idee su malattie nuove ed emergenti, non solo mettendo in pericolo l’essenza della professione medica, ma soprattutto, più tragicamente, le vite dei pazienti. I medici e le persone di coscienza di tutto il mondo devono agire con una sola voce per fermare il comportamento autoritario diretto verso la professione medica”.
Naturalmente di tutto questo in Italia i media non ci hanno fatto sapere quasi nulla, o al massimo qualche mezza verità, che è pure peggio. Il che dimostra che nel Belpaese vige un clima sempre più asfissiante, in quanto a una sorta di dogmatismo scientifico spinto più che altro dal marketing dei produttori, si aggiunge il dogmatismo mediatico favorito dai diffusi investimenti in pubbliche relazioni (è un eufemismo) messi in campo sempre dagli stessi produttori. Altro grave problema che riguarda gli onnipresenti virologi è che nessuno chiede mai loro di dichiarare eventuali conflitti di interesse, cosa che un tempo si faceva abitualmente.
Il fondo lo si tocca poi con i cosiddetti siti di debunking, che guarda caso molto raramente entrano nel merito, preferendo concentrarsi sulla delegittimazione di chi sostiene tesi ritenute “pericolose”. Nel caso di Kirsch, uno di questi siti si è dilungato nel sostenere che non è affatto un membro dell’Fda. È vero, ma che importanza ha? È stato invitato a presentare le sue tesi alla Commissione consultiva dell’Fda. Pare poco?
Mala tempora currunt. Perché il dogmatismo scientifico e mediatico ha convinto pure presidenti del Consiglio e della Repubblica a fare affermazioni talmente improponibili da essere imbarazzanti, oltre che a firmare decreti come quello che adotta o estende il green pass che non hanno decenti basi scientifiche. Nessuno si stupisce del fatto che la certificazione verde, oltre a Francia e Italia, non sia stata introdotta in nessun altro paese civile.
Intanto, nonostante le dichiarazioni trionfalistiche, le vaccinazioni hanno di fatto cominciato a rallentare (lo dimostra il traguardo da raggiungere spostato sempre più avanti), probabilmente perché la gente comincia a rendersi conto che i vaccini “leaky” (imperfetti) come li ha definiti il presidente della Fondazione Hume, il sociologo Luca Ricolfi, rendono impossibile il raggiungimento di quell’immunità di gregge che sir Andrew Pollard (Head of Oxford Vaccine Group) ritiene semplicemente “un mito”.
Mito con cui virologi, conduttori e giornalisti ci hanno riempito i tubi da molto tempo, come se fosse l’unica meta da raggiungere ad ogni costo.
Ogni giorno sempre più autorevoli personalità del mondo scientifico internazionale esprimono dubbi sia su efficacia e sicurezza, sia sull’interpretazione delle statistiche sui morti. Qualche giorno fa Norman Fenton, matematico britannico, professore di gestione delle informazioni sui rischi presso la Queen Mary, Università di Londra, e, Martin Neil, docente in Informatica e Statistica presso la stessa Università, hanno affermato che i dati del governo del Regno Unito non supportano le affermazioni fatte riguardo all’efficacia e alla sicurezza del vaccino. E che facendo e rifacendo i calcoli, il tasso di mortalità risulta attualmente più alto tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati, come sta succedendo anche in Israele.
C’è anche il fatto che sempre più medici, sia pure sottovoce, parlano di crescenti effetti collaterali non ufficialmente dichiarati per il troppo lavoro burocratico ad essi correlato e per una assai sgradevole “moral dissuasion”.
In tutta questa faccenda, è sempre più vero ciò che disse l’eroe di Chernobyl Valerij Alekseevič Legasov: “Ogni volta che si dice una menzogna, si contrae un debito con la verità. Prima o poi quel debito va saldato”.