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“Cercate dove indica l’angelo”, è questo il messaggio che la scorsa estate, come spiega oggi un articolo del Corriere della Sera, è stato recapitato ai legali della famiglia di Emanuela Orlandi. Un messaggio in allegato ad una foto, quella di una tomba all’interno del cimitero teutonico, dentro il recinto delle mura vaticane. Una semplice lastra di marmo, per terra, “con una scritta funeraria dedicata alla principessa Sofia e al principe Gustavo von Hohenlohe che nel 1857 fu nominato arcivescovo da papa Pio IX”; e accanto, appoggiata alla parete del cimitero, la statua di un angelo, appunto, con un foglio in mano con su scritto “Requiescat in pace”, ovvero “Riposi in pace”.
E forse è proprio lì che potrebbe riposare ciò che resta del corpo di Emanuela Orlandi, la giovane sparita nel 1983 e per la quale i parenti, in particolare il fratello, non hanno mai mollato la presa pretendendo di conoscere la verità dietro uno dei più intricati misteri della storia recente del nostro paese. Laura Sgrò, avvocatessa della famiglia Orlandi, adesso decide di vederci più chiaro riguardo una tomba che dalle indagini svolte risulterebbe decisamente sospetta. Il loculo in questione infatti sarebbe già stato aperto una volta e la statua dell’angelo avrebbe una datazione diversa dalla lapide, sarebbe quindi stata aggiunta in un secondo momento.
Ma, soprattutto, pare che negli anni siano diverse le persone che regolarmente rendano omaggio alla ragazza sparita portando fiori proprio su quella tomba. C’è scritto anche questo nell’istanza depositata lo scorso 25 febbraio dall’avvocatessa Sgrò al cardinale Pietro Parolin, al quale si è vista costretta a rivolgersi dato che il cimitero è la fondazione tedesca più antica della Capitale e per statuto “hanno diritto di sepoltura i membri della Arciconfraternita, i membri di molte case religiose di origine tedesca e dei due collegi tedeschi Anima e Germanico”, il che vuol dire che oltre alla Gendarmeria, al quale è stato chiesto di recuperare ogni informazione possibile sul loculo in questione, anche le autorità tedesche potrebbero essere coinvolte.
La Sgrò quindi “chiede l’apertura della tomba alla presenza della sottoscritta, di un rappresentante della famiglia Orlandi e del nostro consulente tecnico, il dottor Giorgio Portera, affinché possa partecipare alle operazioni con tutte le garanzie necessarie vista la gravità del caso”.
Quel 22 giugno dell’83 sembra che tante cose siano cambiate e non solo per la famiglia Orlandi; l’Italia si rende conto grazie a questo caso e a tutto ciò che ne verrà fuori, dell’esistenza di un meccanismo oscuro dentro il quale, probabilmente per puro caso, la giovane Emanuela e la sua famiglia si sono ritrovati coinvolti. Anche per questo nell’istanza l’avvocatessa continua con una supplica al Cardinal Parolin, affinchè si dissipino “le ombre che hanno coinvolto, sin da subito e non immotivatamente, la Santa Sede nella scomparsa di Emanuela”.
Sarebbe forse bastato accettare una delle diverse rogatorie presentate dalla procura di Roma e sempre respinte, ora dunque si richiede ufficialmente di “autorizzare l’audizione di tutti i prelati che hanno ricoperto ruoli apicali e in questa veste si sono occupati negli anni delle vicende legate al rapimento di Emanuela”.
Sempre secondo il Corriere della Sera, “nell’elenco ci sono il cardinale Giovanni Battista Re, il cardinale Eduardo Martinez Somalo, il cardinale Angelo Sodano, il cardinale Tarcisio Bertone e monsignor Pietro Vergari che ebbe un “ruolo chiave nella vicenda che coinvolge Enrico De Pedis, il boss della banda della Magliana, sepolto incredibilmente nella Basilica di Sant’Apollinare”.
L’obiettivo resta quello di capire “quali trattative ci siano state tra le alte gerarchie e i rapitori di Emanuela dopo la sua sparizione” e mettere finalmente mano “a tutti gli atti custoditi presso la Segreteria di Stato che riguardino il “caso Orlandi”.
Insomma, pare ci sia una verità custodita gelosamente in tutti questi anni, cosa confermata anche ultimamente dalla stessa Santa Sede per bocca del monsignor Angelo Becciu “il Vaticano era pronto a consegnare tutto, ma quando abbiamo saputo che il Movimento 5 Stelle chiedeva una commissione d’inchiesta ci siamo fermati”. Dalla dichiarazione si evince che quindi “qualcosa da consegnare” la Santa Sede lo avrebbe anche, ma che la proposta di formare una commissione d’inchiesta avrebbe costretto ad un passo indietro.
Chi c’è dentro quella tomba? Chi l’ha aperta? Chi ha costruito in un secondo momento la statua? E perché su quella tomba vengono portati regolarmente dei fiori? Cosa accadrebbe se davvero la Santa Sede consegnasse alla procura di Roma, ma in particolare alla famiglia Orlandi e ai suoi legali, quel famigerato fascicolo sul “Caso Orlandi”?
“Posso confermare che la lettera della famiglia di Emanuela Orlandi è stata ricevuta dal Cardinale Pietro Parolin e che verranno ora studiate le richieste rivolte nella lettera”. Lo afferma il direttore “ad interim” della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti, rispondendo alle domande dei giornalisti. La pratica è aperta. La verità, forse, è più vicina.
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