In Veneto un’azienda su cinque è condotta da donne, lo dicono i dati dell’ultimo censimento di Unioncamere che rivelano la presenza femminile in tutti i comparti economici, analizzando il 20% delle imprese. In agricoltura le donne sfiorano il 30%
In Veneto un’azienda su cinque è condotta da donne, lo dicono i dati dell’ultimo censimento di Unioncamere che rivelano la presenza femminile in tutti i comparti economici conteggiando 96.814 imprese su 486.750 totali, ovvero il 20%. Di particolare interesse anche la presenza delle colleghe straniere che posizionano la nostra regione per appeal imprenditoriale al quarto posto con 11.944 realtà dopo la Lombardia (24.707) il Lazio (17.464) la Toscana (15.030). Sono le cinesi, le rumene, le marocchine ed ancora nigeriane e svizzere le più vocate alla titolarità in settori come la sanità, l’assistenza sociale, i servizi alla persona e l’istruzione.
Per quanto riguarda l’agricoltura il comparto si conferma “femmina” al 28,5%, dato nazionale che rispecchia anche la fotografia regionale. Lo conferma Chiara Bortolas da poco Presidente di Donne Impresa che rileva, ad esempio, che in Coldiretti sono circa 24mila le ditte in rosa ovvero il 30% della base associativa.
“Il primario continua a manifestare gli esempi professionali più innovativi, fantasiosi e soprattutto sicuri dal punto di vista del bilancio – precisa Bortolas – l’agroalimentare si rivela il campo migliore per le attività performanti: dall’agriturismo alla fattoria didattica, dalle quali esperienze si evidenziano competenze nuove tipo tutor della spesa, l’agritata o l’operatrice agricola sociale. Le giovani scoprono mestieri antichi come sfida moderna, praticano la pesca, la pastorizia, la bachicoltura: con una laurea in tasca pascolano capi in via d’estinzione e allevano razze perdute. Il settore – continua Bortolas – dimostra elasticità insieme anche a molte difficoltà legate alla fatica, questo elemento però corrisponde ad un valore aggiunto se si pensa che fino a poco tempo fa la finanzia attraeva gran parte delle nuove generazioni adesso sempre più coinvolte dal lavoro della terra. Dal nostro osservatorio privilegiato – conclude Bortolas – non possiamo non comprendere come queste scelte debbano essere incoraggiate non solo da una formazione attenta anche da risorse e strumenti legislativi che sostengano la loro attività, per questo il nostro movimento, dopo l’introduzione del baco da seta e la creazione di un’associazione ad hoc, si è fatto promotore di un progetto di legge che riattivi le vie dei pascoli per favorire la transumanza di greggi e bovini armonizzando i rapporti tra amministrazioni pubbliche, cittadini e agricoltori”.