“Il Ddl Malattia non è più rinviabile. Come giovani dottori commercialisti, chiediamo alle istituzioni di approvarlo al più presto per garantire, in questo modo, dignità al professionista e il rispetto dei diritti inviolabili della persona”. Lo afferma Marianna Cugnasco, presidente commissione Pari Opportunità dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, presieduta da Matteo De Lise.
“Oggi in Italia non esiste una disposizione di legge che consenta ai professionisti di posticipare le scadenze dei propri clienti in caso di malattia. I commercialisti di frequente sono costretti a rimandare interventi o cure sanitarie per la necessità di rispettare le scadenze imposte dall’Amministrazione finanziaria e dagli impegni di studio in genere poiché, in caso contrario, sarebbero ritenuti responsabili per le sanzioni addebitate ai contribuenti per gli eventuali ritardi negli adempimenti”.
Un’assurdità, commenta Cugnasco, che tocca anche le donne: “Ci troviamo al punto che le professioniste in gravidanza devono sperare di non partorire nelle date che prevedono udienze, come se tale avvenimento fosse un normale “contrattempo” gestibile in qualche giorno. Tutto ciò significa ritenere, senza alcuna logica, che i professionisti non possano permettersi di ammalarsi, e dunque per questa categoria parrebbe non valere il diritto alla salute previsto dall’art. 32 della Costituzione italiana”.
Il vuoto normativo potrebbe essere in parte colmato dal disegno di legge n. 1474, il Ddl Malattia, che ha come primo firmatario il senatore De Bertoldi: “Come Unione abbiamo voluto appoggiare questo progetto, sollecitandone l’approvazione a più riprese. Se il disegno di legge venisse approvato, ai lavoratori autonomi verrebbe riconosciuto il periodo di malattia concesso ai lavori dipendenti, in quanto la disposizione prevede la sospensione di decorrenza dei termini di adempimento a carico dei liberi professionisti in caso di infortunio o di malattia. Tale sospensione sarebbe valida dal momento del ricovero in ospedale, oppure dall’inizio delle cure domiciliari, fino a 45 giorni dopo la data delle dimissioni oppure alla fine delle terapie. E permetterebbe ai liberi professionisti di poter risolvere i propri problemi di salute senza dover essere obbligati a lavorare allo stremo delle proprie forze. Lo stesso beneficio spetterebbe anche alle libere professioniste in caso di parto prematuro o interruzione di gravidanza”.
“Il silenzio del governo– conclude Cugnasco – rispetto all’approvazione di tale disegno di legge, nonostante le dichiarazioni pubbliche del Mef di impegnarsi in tal senso e la mole di proposte avanzate dal mondo professionale, è diventato ormai inaccettabile”.