Il campanile di San Marco crollò nell’estate del 1902. Una sola vittima, il gatto del custode. La ricostruzione iniziò 115 anni fa e durò una meno di un decennio, un record. Per la ricostruzione vennero usati mattoni della Marca Trevigiana
Il sindaco di Venezia Filippo Grimani, durante il discorso in occasione della posa della prima pietra, il 25 aprile 1903, pronunziò più volte la famosa frase, che diventerà il motto di questa ricostruzione: “Come era, dove era”. Sono passati 115 anni da quel momento così importate per la storia di Venezia. Perché iniziava la ricostruzione di uno dei simboli della “Grande bellezza” del nostro Paese: il campanile di San Marco.
C’è una buona parte di materiale proveniente dalla Marca Trevigiana nella ricostruzione di uno dei simboli delle bellezze del Belpaese. Tutto accadde durante l’estate , precisamente il 14 luglio del 1902 quando alle 9.47 del mattino il campanile crollò. I veneziani dissero “El se ga sentà’” (si è seduto, aggiungendo “per fortuna”). Tra progetti e commissioni uno dei simboli più importanti della città lagunare venne ricostruito in 117 mesi, neanche male visto che oggi questo tempo in Italia lo si impiega solo per carte bollate, cause e ricorsi (ahimè vedi i ponti che crollano!). Per ricostruire il campanile molti mattoni arrivarono dalle formaci di Casale sul Sile e Musestre di Roncade (Massari-Fisola) dalla provincia di Treviso. E da documenti d’archivio emerge che la commissione presieduta da Gaetano Moretti aveva fatto un’accurata indagine sulla scelta dei mattoni per cercare di ottenere una coloritura che fosse simile a quella degli originali: ricerca difficile perché la vecchia struttura aveva subito nei secoli vari rifacimenti parziali e non si presentava di un colore uniforme. Inoltre i mattoni dovevano possedere ottime caratteristiche di resistenza, essendo destinati a sopportare un peso non indifferente, nonostante il progetto prevedesse un alleggerimento complessivo di tutta la canna campanaria. I mattoni, della misura di centimetri 15 x 30 x 7, furono forniti appositamente da una fornace di Casale sul Sile. Grazie anche alla posizione delle fornaci vicine al fiume Sile con specifiche imbarcazioni Venezia era ben collegata, quindi raggiungibile (via Quarto d’Altino e laguna). “Si voleva ricostruire in fretta”, ricordano i nipoti dei vecchi “fornasieri”.