ROMA – Le scommesse prevedono sempre un bel margine di rischio. Quelle a colpo sicuro non esistono. Così per il mondo dell’auto succede che la corsa verso le emissioni zero e soprattutto la necessità di fissare delle date per raggiungere l’obiettivo stiano creando un vero e proprio cortocircuito industriale, sociale e politico.
Si tratta infatti della più grande rivoluzione che il mondo dell’auto dovrà governare con attenzione e che spazzerà gran parte dell’attuale struttura del mezzo di trasporto più diffuso sulla terra. Si tratta di mandare in pensione il motore a scoppio e tutto quello che ruota intorno a questa straordinaria invenzione che ormai risale ad oltre 150 anni fa. Il punto è abbastanza semplice: i carburanti utilizzati finora (benzina, gasolio, Gpl e metano) emettono troppe sostanze nocive per l’ambiente, soprattutto CO2 e polveri sottili. E siccome il pianeta non potrà sopportare ancora a lungo gli attuali livelli di smog, l’automobile dovrà cambiare (come molto altro). E dovrà farlo in fretta se vuole sopravvivere. Ed è proprio quella “fretta” necessaria ma non chiara per tutti che sta mettendo in crisi i vari sistemi. È proprio quella corsa che nessuno pensava di dover cominciare subito a costituire la grande scommessa con troppe incognite.
Il motivo? Come prima cosa la scelta di un’unica tecnologia per abbattere le emissioni delle automobili: l’elettricità. Tutti i costruttori, per esempio, sono d’accordo che l’obiettivo dovrà essere quello delle emissioni zero ma non tutti, anzi sempre meno, pensano di raggiungerlo allo stesso modo. O meglio, vorrebbero aver spazio per altre tecnologie, dai sistemi ibridi all’idrogeno fino all’utilizzo di carburanti sintetici in grado di continuare a far funzionare proprio il motore a scoppio. Comunque, vorrebbero più tempo per la transizione: 10-15 anni sono pochi per riconvertire un sistema complesso come quello automotive. Perché ci sono troppi “rischi collaterali”. Per esempio l’occupazione. Abbandonare in anticipo i motori tradizionali potrebbe costare all’Europa qualcosa come mezzo milione di posti di lavoro.
In Italia, il contraccolpo potrebbe essere molto duro con una perdita di 60 mila occupati. Nel nostro Paese la filiera dell’automobile vale circa 50 miliardi di fatturato. Sono molte le aziende di componentistica che riforniscono i principali costruttori del mondo. Anche in questo caso la previsione in caso di corsa troppo veloce e a senso unico sarebbe di una perdita del 37 per cento di addetti. Visto che per costruire un’auto elettrica è necessario circa il 30 per cento in meno di componenti. Non ci sarà più bisogno di pistoni, cilindri ma nemmeno di tubi di scappamento o serbatoi e allora cosa faranno le aziende che li costruiscono?
Certo, nessuno vuole fermare la corsa al cambiamento. Tutti vogliono un ambiente migliore. Aria pulita e sostenibilità energetica. La vera domanda è a che prezzo e in quanto tempo. Anzi, questa è la vera scommessa.
Fonte www.repubblica.it