Sono già 25 anni. Il primo gennaio del 1997 nella sua casa di Novafeltria, nel riminese – tra Emilia, Romagna, Marche e (non lontano dal suo) Abruzzo – ci lasciava Ivan Graziani, il cantautore con la chitarra elettrica o, se si preferisce, la chitarra rock della musica d’autore italiana.
Nato a Teramo, scompare a soli 51 anni un artista completo, capace di scrivere canzoni e romanzi, di dipingere e disegnare storie a fumetti, di cimentarsi insomma completamente nell’arte, un personaggio che ha lasciato l’idea di poter essere sempre fuori dagli schemi, oltre le righe, che ha fatto della sua poliedricità la tara artistica che lo distingueva da tutti gli altri.
Dotato di sensibilità e ironia uniche, attento osservatore di micro storie che riusciva a rendere esaltanti e intriganti nelle sue canzoni, Ivan Graziani ha raccontato il Paese, la nostra Italia, quella meno evidente ma vitale della provincia – con le piazze e le stazioni dei treni, le vie di campagna, le donne dai nomi più o meno originali, con le colline e i campi a perdita d’occhio, le piccole città che vivono lente, con il Gran Sasso, San Gabriele e l’Abruzzo sullo sfondo, ispiratori spesso e protagonisti a volte, in una geografia ideale e sghemba tracciata dalle sue canzoni – da Lugano fino in Olanda, da Modena e Siracusa fino alla “Firenze triste” lungo Ponte Vecchio, raccontata in un piccolo grande capolavoro.
Primo cantautore in assoluto a salire sul palco del Tenco nella primissima edizione del 1974; un album (“Pigro“) considerato tra i 100 più belli della musica italiana dalla rivista Rolling Stone; una tecnica chitarristica che ha fatto scuola; due album-tributo, a rendergli omaggio molti dei grandi del pop e dell’indie; e canzoni come “Lugano Addio”, “Firenze (Canzone triste)”, “Monnalisa”, “Maledette malelingue”, “Signora bionda dei ciliegi”, per citarne alcune delle più note, che rimangono nella memoria collettiva.
Con un repertorio in bilico tra rock e ballate di rara bellezza, Ivan ha incrociato tanti illustri colleghi: tra questi, Lucio Battisti, con cui Graziani collaborò per molto tempo, suonando la chitarra in alcuni dei suoi album e in una ricercatissima versione inglese de “Il Nostro Caro Angelo”; PFM, scrivendo “From Under”, nell’album “Chocolate Kings”, e rischiando, ad un certo punto, di diventare il cantante della band; Francesco De Gregori (ha suonato nell’album “Bufalo Bill”); Antonello Venditti, che collaborò alla realizzazione dei primi album di Ivan, che, a sua volta, aveva suonato in “Ullalla” del cantautore romano; Ron, con cui fece un tour, compose “Canzone senza inganni” e realizzò un Q-disc (“a sei mani”) insieme anche a Goran Kuzminac; Loredana Bertè (“BandaBertè”); Renato Zero, molto vicino ad Ivan negli ultimi anni, con cui scrisse “La nutella di tua sorella”.
In questi anni, nel suo studio di registrazione, “Officine Pan Idler”, sono stati finalmente “aperti” con nuove tecnologie alcuni nastri lasciati dall’artista, all’interno sono state trovate molte tracce inedite su cui si sta lavorando per poterle pubblicare proprio nel 2022, a venticinque dalla sua scomparsa. Questo è l’auspicio dei tanti fans club dedicati ad Ivan Graziani, che continuano assiduamente a ricordarlo andando alla “ricerca” di materiale di nicchia.