Dev’essere stato un sollievo per papa Francesco ritrovare per alcune ore, in Sicilia, una Chiesa ancora viva e di popolo, lontana dai prelati che pure ha promosso ai più alti gradi. E Don Puglisi non era un professionista dell’antimafia, ha ricordato
“Don Pino – ha ricordato il Papa – non era un professionista dell’antimafia: strappava dal disagio semplicemente facendo il prete con cuore di pastore”. “Impariamo da lui – ha suggerito – a rifiutare ogni spiritualità disincarnata e a sporcarci le mani coi problemi della gente”. Il prete non deve essere mondano ma non è fuori dal mondo. “Lì – ha spiegato il Papa – vanno accettati i fratelli e le sorelle, lì il Signore chiama ogni giorno a lavorare per superare le divergenze. E questo è parte costitutiva dell’essere preti e consacrati. Non è un accidente, appartiene alla sostanza. Mettere zizzania, provocare divisioni, sparlare, chiacchierare non sono ‘peccatucci che tutti fanno’: è negare la nostra identità di sacerdoti, uomini del perdono, e di consacrati, uomini di comunione”.
“Sempre – ha scandito il Papa – va distinto l’errore da chi lo commette, sempre vanno amati e attesi il fratello e la sorella. Pensiamo a don Pino, che verso tutti era disponibile e tutti attendeva con cuore aperto, pure i malviventi. Prete uomo del dono e del perdono, ecco come coniugare nella vita il verbo celebrare”. “Il prete, uomo del dono – ha detto ancora Francesco tornando all’esempio donato da don Puglisi – si scopre anche uomo del perdono”. Secondo il Papa, “è tanto brutto quando un sacerdote si mette a scavare nell’anima dell’altro, su questo dobbiamo convertirci tanto ricevere i penitenti con misericordia senza fare della confessione una visita dallo psichiatra un’indagine.
Se uno viene al Padre e mi dice perdonami, ma io sento che secondo le regole non dovrei perdonare, allora mi chiedo: che padre non perdona il figlio che glielo chiede fra le lacrime?”. Ed anche la Chiesa ha bisogno di perdono e misericordia. “Dobbiamo guarire la nostra chiesa tanto ferita che sembra un ‘ospedale da campo‘. Infatti le parole della Riconciliazione non dicono solo quello che avviene quando agiamo in persona Christi, ma ci indicano anche come agire secondo Cristo. ‘Io ti assolvo’: il sacerdote, uomo del perdono, è chiamato a incarnare queste parole: il prete non porta rancori, non fa pesare quel che non ha ricevuto, non rende male per male”.
Santità, sommessamente e con immenso rispetto vorremmo chiederle: perché lei ha dato così tanto a gente che rende male per bene e di cui tuttora si fida ciecamente? Le sembra che il Beato Puglisi avrebbe accettato questa doppia morale? E’ morto proprio perché non l’ha accettata.