Il Covid ruba letti d’ospedale e medici anche ai malati di tumore. Con il risultato che, specie in alcune regioni, i pazienti oncologici in lista d’attesa, anziché essere operati nei tempi stretti previsti dai protocolli, aspettano per mesi una chiamata dall’ospedale.
“Al Policlinico di Catania i medici mi hanno spiegato che mi avrebbero asportato la tiroide per un nodulo a rischio 30% di carcinoma, verificato con l’ago aspirato. Era aprile del 2021. Avrei dovuto essere operata massimo alla fine di settembre. Sono nove mesi che aspetto una telefonata, io e la mia famiglia viviamo nell’ansia e nella paura di quello che mi può succedere”. Lo racconta Laura, 54 anni, impiegata in un ufficio del ministero della Giustizia di Agrigento.
Una delle migliaia di pazienti entrati in lista d’attesa perché i reparti sono occupati sempre più dai malati con Covid, medici e infermieri vengono dirottati nei reparti dedicati al virus, e gli interventi che non rientrano nella categoria ‘urgente’ ingrossano le file. Nonostante quello a cui Laura deve essere sottoposta sia un “intervento salvavita”, come lo definisce il chirurgo del Policlinico e presidente della Società italiana di chirurgia Francesco Basile.
“Le liste d’attesa per gli interventi chirurgici non d’urgenza includono anche le operazioni dei tumori, da quello della mammella, allo stomaco, al colon. Sono interventi che vanno fatti entro 15-20 giorni e non certo dopo tre mesi e oltre, perché ne va della vita delle persone”, spiega Francesco Cognetti, presidente della Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi commentando lo stop alla chirurgia programmata a causa dell’aumento della pressione sugli ospedali per il Covid.
Insomma, quello a cui dovrebbe essere sottoposta Laura è un cosiddetto intervento di elezione, mentre quelli d’urgenza riguardano per esempio le emorragie o le occlusioni intestinali.
“Al Policlinico mi avevano detto che sarei stata operata entro tre mesi, ma così non è stato. Mi spiegano che c’è carenza di personale, mancano gli anestesisti – riferisce Laura – in questa lunga attesa continuo a lavorare cercando di dare il meglio, ma la notte è sempre più difficile dormire, sento una forte compressione alla gola, non so neppure se è l’angoscia o per la malattia”. “Ho chiamato il medico che mi segue ma non ha saputo darmi una data – si sfoga – provo un terribile senso di impotenza, a chi mi dovrei rivolgere? Se andassi in un altro ospedale dovrei ricominciare la trafila delle analisi e degli esami. E poi non voglio provare fuori dalla Sicilia, già così è difficile per me e i miei familiari, lontano da casa sarebbe ancora peggio”. “Ho chiesto ai medici del Policlinico di Catania di attivarsi, di far sapere all’esterno quello che sta succedendo, di far sentire agli altri la nostra voce – propone – non si possono lasciare le persone in queste condizioni, senza sapere come evolve la malattia”.
Basile è uno dei medici che raccolgono direttamente i timori dei pazienti: “Le persone in lista d’attesa ci chiamano in lacrime, non avere un orizzonte, una data su quando saranno sottoposti all’intervento è terribile, abbiamo centinaia di persone solo qui da noi, per diverse patologie, in questa situazione” Cognetti dal canto suo punta il dito contro la mancanza di ascolto di questa drammatica situazione: “Il ritardo nelle operazioni dei pazienti con tumore è gravissimo, poichè in oncologia solo il 10-20% dei casi rientra nella definizione di emergenza. Tutti gli altri ne sono fuori. Lo diciamo da due anni, da quando i pazienti Covid hanno riempito i letti degli ospedali, ma nessuno ci ascolta”.
Fonte Ansa.it