Doppia svolta nelle indagini della commissione del Congresso americano che indaga sul sanguinoso assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2020, costato la vita a cinque persone. Un mandato di comparizione è stato spiccato nei confronti di tutte le principali piattaforme social, da Facebok a Twitter, da Reddit a YouTube, controllata da Google a sua volta controllata dal gruppo Alphabet. Intanto l’Fbi ha arrestato Stewart Rhodes, leader e fondatore delle milizie di estrema destra degli Oath Keepers, accusato di eversione e di aver cospirato contro il Paese. I vertici dei big del web sono accusati di non ave fornito tutte le informazioni richieste già dall’agosto scorso: “Due delle questioni chiave delle indagini – afferma la commissione di inchiesta del Congresso – sono come la diffusione sulla rete di disinformazione e di violento estremismo abbia contribuito all’attacco alla nostra democrazia e quali passi i social media hanno preso, se li hanno presi, per impedire che le proprie piattaforme siano terreno fertile per la radicalizzazione di tante persone spingendole alla violenza”. Violenza come quella perpetrata dagli Oath Keepers di Stewart Rhodes, finito in cella. Sarebbe stato infatti una figura chiave nell’organizzazione della rivolta tesa rovesciare l’esito delle elezioni presidenziali, impedendo al Senato di certificare la vittoria di Joe Biden su Donald Trump. Ed è la prima volta che gli inquirenti impegnati nella ricerca della verità sul 6 gennaio di un anno fa e il Dipartimento di giustizia muovono come capo di accusa quello dell’eversione, contestato anche ad altre dieci persone coinvolte nelle indagini. Rhodes – ex paracadutista dell’esercito americano, laureato a Yale ed ex collaboratore del deputato libertario Ron Paul – ha fondato gli Oath Keepers in Texas nel marzo del 2009, facendone il più importante gruppo paramilitare di estrema destra presente negli Stati Unti insieme all’organizzazione dei Proud Boys. Il giorno dell’attacco al Campidoglio, subito dopo il comizio di Trump, Rhodes era sicuramente a Capitol Hill, comunicando via telefono e chattando con alcuni membri e responsabili del suo gruppo introdottisi dentro i corridoi e le stanze del Congresso invasi da una folla di rivoltosi. Non ci sarebbero prove che anch’egli fosse dentro il palazzo, ma fu sicuramente lui a dare direttive e istruzioni agli uomini del suo gruppo. Nel mandato di cattura si legge come Rhodes e i suoi sono accusati non solo di essere entrati con la forza nel palazzo, usando tattiche militari e scagliandosi contro gli agenti della Capitol Police e della polizia di Washington che tentavano di arginare la folla, ma anche di aver organizzato una vera e propria “task force di reazione rapida” che stazionò al vicino Hotel Virginia di Washington, pronta a intervenire se necessario. I legali della difesa hanno sempre sostenuto come queste persone fossero state assunte per fungere da guardie del corpo a protezione dei vip amici e alleati di Donald Trump presenti alla giornata di protesta, come il controverso Roger Stone, da sempre stretto consigliere del tycoon, anch’egli all’Hotel Virginia in quelle ore. “I patrioti devono prendere la situazione nelle proprie mani”, scrisse Rhodes quel 6 gennaio in un post sulla piattaforma Signal subito dopo l’inizio dell’assedio al Capitol.
Fonte Ansa.it