La Russia di Vladimir Putin ha inasprito ancora la repressione contro l’opposizione. Negli ultimi tempi le autorità russe hanno preso di mira dissidenti, giornali indipendenti, attivisti. Un anno fa, l’avversario numero uno di Putin, Alexey Navalny, è stato arrestato non appena rimesso piede in Russia da Berlino, dove era stato curato per un avvelenamento del quale si sospettano gli 007 del Cremlino. Oggi – stando a diversi media russi e internazionali – Leonid Volkov e Ivan Zhdanov, due tra i più stretti collaboratori di Navalny, sono stati inseriti in una lista di persone che le autorità russe accusano di coinvolgimento in attività “estremiste o terroristiche”, Un provvedimento che appare come un’ennesima azione per soffocare il dissenso.
“Bisogna semplicemente capire che sono metodi fascisti dello Stato russo: stigmatizzare, definire ‘terroristi’, ‘agenti stranieri'”, ha detto Zhdanov in un’intervista a Current Time.
“Non c’è nulla di divertente in questo. Eppure non cesseremo in nessun modo di continuare la nostra attività”.
Leonid Volkov, 41 anni, era a capo degli uffici regionali di Navalny, ora in carcere con accuse ritenute di matrice palesemente politica. Il 33enne Ivan Zhdanov guidava invece la Fondazione Anticorruzione di Navalny, che con le sue popolarissime video-inchieste ha creato più di un grattacapo a Putin e ai suoi alleati. Sia la rete degli uffici regionali di Navalny sia la Fondazione Anticorruzione erano già state dichiarate “estremiste” in Russia con una mossa che molti osservatori ritengono senza dubbio politicamente motivata. E forse non è un caso che proprio l’etichetta di “estremista” venga usata ora dalle autorità per bollare due dissidenti di spicco come Volkov e Zhdanov. Tuttavia, stando alla testata online Meduza, coloro che si trovano in questa lista nera con l’accusa di “terrorismo” hanno un asterisco accanto al nome, segno che manca nel caso dei due oppositori.
Secondo il Moscow Times, l’inserimento in questa black list, stilata dal Servizio federale di monitoraggio finanziario, comporta di fatto l’esclusione dal sistema bancario russo perché agli istituti finanziari è vietato fornire servizi a persone e organizzazioni presenti nell’elenco. “Siamo pionieri in questo genere di cose insensate”, ha scritto Zhdanov su Twitter affermando che questo tipo di misura potrebbe diffondersi ulteriormente nel Paese. Negli ultimi tempi, diversi alleati di Navalny hanno avuto problemi con la giustizia russa e alcuni si sono trasferiti all’estero.
Fonte Ansa.it