Torino ospita la più grande fiera al mondo di cibo e di produttori locali, workshop, conferenze, laboratori, degustazioni. Un trionfo culinario e non solo, dato che ospita moltissime culture del mondo, unite da un unico motto: cibo sano e pulito!
Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo. Il cibo ci nutre, ci plasma, ci rafforza, ci fa incontrare e scontrare, ci fa scoprire pezzi di vita e culture. Ma soprattutto ci insegna. Ci insegna a condividerlo e a lottare per difenderlo, una lotta serrata ed estenuante che per miliardi di individui si traduce in sconfitta quotidiana. Il senso che attribuiamo al cibo lo rende arma o alleato, perchè il cibo tesse la rete quotidiana di relazioni tra noi esseri umani e il mondo a cui apparteniamo.
Questa è la voce del Salone del Gusto 2018, la fiera più grande al mondo dell’alimentazione, della biodiversità, dei produttori locali, delle popolazioni indigene e non, un luogo sospeso tra modernità e tradizione che quest’anno secondo le stime ospiterà un milione di visitatori oltre a 900 espositori provenienti d 143 diversi paesi del mondo.
Camminando tra uno stand e l altro lungo i padiglioni affollati e gremiti di gente, i profumi e gli aromi assalgono le narici e tentano la gola. Tante le storie e i miti dietro a ciascuno dei prodotti culinari, ma soprattutto i volti e le strette di mano. “Il cibo non ha frontiere”, con queste parole si apre la cerimonia di inaugurazione della rete Food for Change che vede la partecipazione di migranti, giovani e indigeni uniti nella salvaguardia delle culture, delle colture e della biodiversità.
La delegata dell’IFAD – Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo- Margarita Astralga afferma a gran voce che : “Avremmo cibo a sufficienza per 10 miliardi di persone, ma è la distribuzione delle risorse che va riorganizzata. Ciò è possibile partendo dalla comunità locali e dai singoli individui. Ognuno di noi deve agire perchè siamo tutti coinvolti e Food for change deve diventare un’azione quotidiana. Non dobbiamo produrre più cibo, semmai rallentarne la produzione migliorando la qualità di ciò che abbiamo. Se proteggiamo il cibo tuteliamo i diritti umani.”
In silenzio i presenti ascoltano, tra la commozione e il riso, la testimonianza di una giovane donna Masai, Tunda Lepore, che dopo aver benedetto tutti i presenti e il suolo sottostante lancia un appello al mondo: “ Dobbiamo connetterci e creare una rete globale, mossi da sentimenti di compassione e condivisione. Celebriamo questa terra e i migranti, perchè tutti migrano in un unico stesso pianeta, nessuno escluso. Sia benedetto il cibo, noi dobbiamo proteggerlo perchè è espressione delle nostre relazioni e della nostra tradizione. Dobbiamo proteggere le prossime generazioni perchè possano vivere una vita degna e prospera, perciò riconosciamo la nostra responsabilità e agiamo per migliorarci.”
Cibo e migrazione si mescolano facendo del cibo un oggetto migratorio e un collante sociale. Oggi la migrazione è causata da un’agricoltura aggressiva che distrugge la terra obbligando le persone a fuggire. La rete dei migranti, dei giovani e degli indigeni nasce come forma di lotta per rendere il mondo più sano, celebrandone la diversità.
Carlo Petrini, padre fondatore di Slow Food e del Salone del Gusto, accoglie calorosamente la moltitudine: “Lo spazio di Terra Madre è uno spazio che riguarda il nostro futuro, un luogo di fraternità e amicizia. La storia dell’umanità è caratterizzata dalla migrazione perciò è sciocco aver paura del fenomeno migratorio. Negli ultimi 50 anni 30 milioni di italiani sono migrati nel mondo, guardiamo quindi con rispetto tutti coloro che lasciano la propria terra per cercare di avere una vita più dignitosa. Bisogna partire dalla riappropriazione quotidiana, soprattutto da parte delle nuove generazioni, dei grandi patrimoni dei centri storici e dei quartieri abbandonati delle città alte. Perché – va avanti Petrini – è qui che si respira ancora identità e storia. Perché è soltanto qui che può essere ancora giocata e vinta, dai centri storici a tavola e nei campi, attraverso l’educazione alimentare e la preferenza delle produzioni autentiche e del cibo buono pulito e giusto l’ultima occasione di sviluppo endogeno, ecosostenibile e durevole”
Nella sala, nonostante la confusione generale del luogo in sé, vige un silenzio sovrastante, tutti sanno che quelle testimonianze e parole sono più incisive e veritiere che mai, che è tempo per il mondo di invertire il “non senso” vigente. Luoghi come il Salone del Gusto, al di là del business e del marketing, si configurano come un concentrato di speranza e lotta, un universo parallelo ma non per questo meno influente in cui le banche anziché denaro, detengono e tutelano i semi e in cui la competizione si trasforma in cooperazione equa.
Terminata la conferenza si viene riassorbiti dalla tempesta olfattiva e dagli assaggini seminati lungo i banconi. Una sezione della fiera è dedicata agli insetti, in particolare alle api. Un ragazzo volontario presso lo stand spiega come a breve anche l’Italia legalizzerà la produzione e il nutrimento a base di insetti, sfoggiando tra le sue mani dei vasetti ricolmi di creaturine :” sono buoni, iperproteici e per allevarli si spende poco. E’ solo questione di abitudine, il gusto non è affatto male!”.
Numerosissime le scolaresche che in fila si susseguono curiose, tra le infinite attività proposte. Un gioco dell’oca gigante insegna ai bambini il valore della biodiversità e i laboratori interattivi sono tanti e diversi. I bambini sono tra i principali protagonisti del Salone del Gusto, piccoli adulti di un domani che più di tutti necessitano una corretta educazione alla sostenibilità e alla bellezza della diversità sulla terra. E’ proprio vero che il grado di civiltà di una società si riflette nella misura in cui questa educa i propri figli. Bambini consapevoli per un mondo più sano. Ecco la sfida del nostro tempo, far si che i piccini un domani siano più saggi di quanto non lo siamo noi ora.