La crescita dei casi sta facendo emergere una nuova criticità, quella di pazienti Covid asintomatici che devono essere operati, ad esempio per un tumore, una frattura o un’ernia, ma che risultano positivi al virus al momento dell’ingresso in ospedale. A puntare l’attenzione su “un fenomeno trascurato” è la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva. “Si tratta di una popolazione in crescita esponenziale in questi giorni – spiega Antonio Giarratano, presidente della Siaarti – per la quale servono protocolli e spazi dedicati che oggi non sono codificati. Il risultato è che ogni azienda si organizza come meglio crede: in alcuni casi vengono operati, in altri ci sono dilazioni pericolose, e intanto spesso si occupano in questo modo posti letto in reparti destinati al Covid critico”.
Il problema è, precisa Roberto Balagna, responsabile Medicina critica dell’emergenza della Siaarti, che in molti casi, “siamo costretti a non operare pazienti che avrebbero necessità di interventi chirurgici di una certa importanza e necessità, ad esempio i pazienti oncologici. Una popolazione, sempre più numerosa, di pazienti vaccinati, spesso con tre dosi, asintomatici e che risultano positivi al tampone eseguito al momento del pre-ricovero”. In molte regioni, spiega in una nota Angelo Gratarola, responsabile anestesia e medicina perioperatoria della Siaarti, “si rischia di conseguenza l’arancione territoriale per pazienti ricoverati non a causa del Covid, ma per le sole positività incidentali scoperte al Pronto soccorso. Il Ministero della Salute dovrebbe, sentite le società scientifiche, offrire indicazioni e linee operative per poter sottoporre ad intervento chirurgico pazienti semplicemente positivi al virus”. In mancanza di indicazioni ben definite a livello nazionale e regionale, la gestione clinico, logistico ed organizzativa di questi percorsi sta diventando, “sempre più critica”. “Servono – chiede il presidente Siaarti Giarratano – indicazioni chiare per evitare il collasso”.
Il crescente numero di positivi al coronavirus che si trovano in ospedale per ragioni altre non legate al Covid, riguarda anche le sale parto. Le partorienti “sono ancora troppo spesso esposte al contagio da Sars-Cov-2, perché ancora in gran parte non vaccinate. Il travaglio o in generale l’urgenza ostetrica, però, non è procrastinabile e questo comporta una pressione sulle strutture, che può compromettere la sicurezza del percorso nascita”, spiega Maria Grazia Frigo, responsabile delle cure materno-infantili della Siaarti. Nelle precedenti ondate pandemiche, precisa all’ANSA, “ne avevamo molte meno di partorienti positive, ma con Omicron i numeri sono aumentati tantissimo anche in questa popolazione. Bisogna fare molta attenzione, perché le donne positive possono avere nascite pretermine e complicanze di vario tipo. I figli di positive nascono in genere negativi ma ci sono stati in Italia anche alcuni casi di mortalità materna in gravidanza e di abortività a causa del Covid-19. Quindi, come indicano l’Istituto Superiore di Sanità e le società scientifiche, è molto importante che si vaccinino”. Oltretutto, prosegue Maria Grazia Frigo, “se una donna arriva positiva al momento del parto, servono percorsi assolutamente separati, perché si rischiano focolai tra i neonati e le altre mamme. Questo – conclude – complica moltissimo l’organizzazione in reparto e richiede molte più risorse da dedicare”. (ANSA).
Fonte Ansa.it