Tracce di polveri sottili nella placenta di donne sottoposte a controlli, hanno indotto i ricercatori a indagare circa l’entità del problema. I bambini in grembo materno sono esposti a sostanze altamente nocive che possono intaccarne lo sviluppo
(Nature) Da tempo si sospetta che l’inquinamento atmosferico possa interferire con i processi riproduttivi – dall’alterazione del ciclo mestruale alla riduzione della fertilità maschile – e che, nelle donne che lo respirano in gravidanza, possa influire negativamente sullo sviluppo fetale. Vari studi lo collegano a un aumentato rischio di parto prematuro e a un basso peso alla nascita, con conseguenze anche a lungo termine per la salute del bambino.
Ora uno studio britannico – condotto a dire il vero su un campione ridotto di pazienti – ha trovato tracce di polveri sottili nella placenta di donne in gravidanza: se confermato dimostrerebbe, cioè, che le nanoparticelle di smog si possono spingere fino all’organo che permette gli scambi metabolici tra la madre e il feto, e raggiungere, attraverso il sangue, direttamente il nascituro. La ricerca è stata presentata il 16 settembre al congresso internazionale dell’European Respiratory Society, a Parigi.
«Lo studio suggerisce un possibile meccanismo attraverso il quale i bambini sono interessati dallo smog in un momento in cui, teoricamente, dovrebbero essere ben protetti all’interno dell’utero», ha spiegato al Guardian Mina Gaga, presidente della società scientifica.
I ricercatori della Queen Mary University of London hanno esaminato la placenta di cinque donne non fumatrici che avevano appena partorito bambini sani. All’interno dei campioni sono stati isolati i macrofagi, le cellule del sistema immunitario che circondano e inglobano le particelle dannose per l’organismo, come i batteri e – appunto – le polveri sottili. Il microscopio ottico ha messo in risalto 72 particelle scure tra 3.500 macrofagi. Il più potente microscopio elettronico ha poi evidenziato che la loro forma era molto simile a quella delle polveri sottili catturate dai macrofagi nelle vie respiratorie.
Per avere conferma della reale natura delle particelle serviranno altre analisi, ma i ricercatori non hanno molti dubbi: studi precedenti avevano trovato nanotracce inquinanti nella circolazione sanguigna e nella placenta di modelli animali. Non si sa se le polveri isolate possano arrivare fino al feto, ma tutte le prove raccolte finora indicano che è possibile. Inoltre, ricordano i ricercatori, non c’è bisogno che giungano fino al feto per recargli danno: è sufficiente che abbiano effetti sulla placenta, per avere un impatto diretto sulla salute del nascituro.
Lo scorso dicembre, uno studio su 540 mila nascite nella città metropolitana di Londra aveva collegato l’esposizione allo smog della madre a un basso peso alla nascita (meno di 2,5 kg). Secondo la ricerca, il rischio aumenta del 15% per ogni 5 microgrammi in più al metro cubo di smog inalato. Altre ricerche hanno rintracciato nanoparticelle di smog nel cervello adulto e collegato l’inquinamento atmosferico a un rischio maggiore di sviluppare demenze.