E così ora scopriamo che anche la protezione umanitaria (per ora) non è stata cancellata dal decreto Salvini – smettiamo di chiamarlo “sicurezza”, per igiene lessicale? -, grazie a una sentenza della Cassazione che ha decretato la non retroattività del decreto. Risultato? 1800 permessi umanitari rilasciati negli ultimi due mesi. E ci sono 23mila persone che si sono viste negare la protezione negli ultimi sei mesi che, con ogni probabilità, seppelliranno i tribunali di ricorsi. Il tutto, in attesa di un pronunciamento della Consulta su un provvedimento che per molti magistrati e giuristi è palesemente incostituzionale. Così come del resto il celeberrimo taglio alle pensioni d’oro tanto celebrato da Luigi Di Maio.
Staremo a vedere. In ogni caso, è l’ennesima promessa tradita del governo gialloverde, l’ennesima ciambella riuscita senza buco dopo mesi di roboanti annunci e di tonanti proteste. Roba che metterle in fila è un esercizio di memoria da consumati archivisti. Per dire, dovevano far vedere i sorci verdi all’Europa con una deficit al 2,4% del Pil, si sono fermati al 2% con 23 miliardi di aumento dell’Iva – un punto e mezzo di Pil, più o meno: fate due conti – a salvaguardia del fortino, e la promessa di una correzione ai conti pubblici se la crescita dell’economia non sarebbe stata pari all’uno per cento previsto dalla nota di aggiornamento al Def. Per la cronaca: ora come ora il Pil 2019 dell’Italia dovrebbe calare di 0,2 punti percentuali. Si attendono retromarce, dopo il voto europeo di maggio. Anche perché l’unica cosa che è cresciuta è lo spread coi bund tedeschi.
Peraltro, se guardiamo dentro la manovra del cambiamento, scopriamo che il reddito di cittadinanza avrà una platea potenziale di 2,2 milioni di poveri, contro i 6,5 milioni vaticinati da Di Maio quando sproloquiava di aver abolito la povertà, che i soldi verranno erogati come le pentole delle televendite, “salvo esaurimento scorte”, e che molti tra i poveri italiani preferiscono lavorare in nero e rinunciare al sussidio, come ha raccontato ieri Lidia Baratta proprio su Linkiesta. Mentre tutta l’enfasi sulle mirabolanti politiche attive del lavoro made in Mississippi è andata a sbattere contro la realtà delle attribuzioni di competenza tra Stato e Regioni.
Nel frattempo, la paventata abolizione della Legge Fornero è diventata una finestra di prepensionamento di tre anni, sempre se ci saranno i soldi per finanziarla, la flat tax un estensione del regime dei minimi alle partite Iva, la chiusura dell’Ilva e il blocco ai lavori per la costruzione del Tap due barzellette durate lo spazio di una repentina retromarcia, fine che dovrebbe fare pure il Tav Torino-Lione, appena sarà superato l’ostacolo delle elezioni regionali in Piemonte, concomitanti alle europee. Pure l’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, con il mantenimento dei costi storici, è nei fatti una promessa tradita, visto che le tre regioni avranno sì nuove competenze, ma non un centesimo in più da spendere.
Ah, quasi dimenticavamo: con la primavera ricominceranno le partenze dal nord Africa, e magari pure un bel po’ di sbarchi. Già, perché a quanto pare i porti non sono chiusi né lo sono mai stati, poiché non è arrivato mezzo atto formale che certifichi tale chiusura. Tutto quel che è avvenuto finora, insomma, è al di sopra della legge. Chissà se avverrà di nuovo. O se sarà l’ennesima promessa tradita del governo più pataccaro del mondo.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/03/14/salvini-dimaio-promesse-tradite-governo-gialloverde/41413/