Il sindaco-medico venetista scrive le ricette in diaèto”. Riccardo Szumski sindaco di Santa Lucia di Piave (Treviso) scrive le ricette in lingua veneta come ci tiene a precisare. Prima di lui alcuni politici della Liga portarono il veneto nelle aule
Le prescrizioni dei farmaci (ricette) ora vengono scritte in dialetto veneto dal sindaco-medico Riccardo Szumski. «Lingua Veneta, da non confondere con il dialetto. È una lingua – insiste il sindaco medico Riccardo Szusmki – se in farmacia non capiscono, comunque, mi possono chiamare e io traduco». Il primo cittadino venetista di Santa Lucia (Treviso), dopo l’idea di regalare ai nuovi nati il gonfalone di San Marco e certificato di nascita veneto, ha deciso di “venetizzare” anche la sua attività professionale.
Già nei mesi scorsi aveva sorpreso tutti scrivendo in veneto i cartelli di avviso al fuori dal suo studio di medico di famiglia. Adesso anche le prescrizioni per i suoi pazienti sono in veneto, per quanto riguarda la posologia: come e quando prendere le pastiglie ed i farmaci. Su facebook il sindaco ha postato una ricetta che reca l’indicazione posologica: “un al dì par zincue dì, dopo mesa al dì par catro dì…”. «Sapete che c’è? I miei pazienti sono contenti proprio così, ripeto che se in farmacia hanno bisogno della traduzione mi possono chiamare quando vogliono – spiega il dottor Szumski – se qualcuno poi dei pazienti non capisce sono a disposizione, posso scrivere la ricetta anche in inglese o in italiano». L’opinione del sindaco è che soprattutto, ma non solo, per gli anziani, potrebbe essere più semplice capire così, piuttosto che in italiano. L’iniziativa non ha precedenti in Veneto e in Italia. I puristi della lingua potrebbero ricordare che il termine ricetta deriva dal latino “recepta”. Già nei mesi scorsi, per comunicare una sua assenza dallo studio medico, il sindaco aveva scritto: “Marti el studio resta serà, se ve urgenze da i altri dotori”. Szumski, peraltro, ha ottenuto il diploma di lingua veneta dopo aver svolto un “Corso de Veneto par Venetofoni”. In paese vi aveva partecipato anche un operaio del Camerun. Con molti suoi pazienti, confida il medico, già parla abitualmente in dialetto. Ora il veneto arriva anche nelle ricette mediche. «In realtà sono tutti contenti i miei concittadini, non credevo di avere tanto consenso» spiega il “meriga” (sindaco) Riccardo Szumski. Nei prossimi giorni arriveranno anche i certificati per i neonati “Nasest in Veneto”, scritti in tripla lingua: italiano, inglese e veneto. Insieme per i genitori ci sarà anche la bandiera della Serenissima. Il primo cittadino di Santa Lucia ha già dato disposizioni agli uffici comunali perché con il certificato tradizionale sia consegnato anche quello veneto, con i colori giallo e rosso che riprendono San Marco. Le spese per l’iniziativa del vessillo e del certificato in veneto sono a carico esclusivo di Riccardo Szumski, ci tiene a precisare il sindaco, senza l’utilizzo di denaro pubblico. Questo però non basta a placare le polemiche. Sembra che l’Ordine dei medici voglia vederci chiaro, ma il primo cittadino di Santa Lucia di Piave è molto apprezzato in paese sia come amministratore che come medico e anche alle ultime elezioni amministrative ha letteralmente stravinto. Sarebbe opportuno magari che l’Ordine dei medici si occupasse di più dei loro iscritti fannulloni, pressappochisti e superficiali che non danno il giusto peso alla salute delle persone. Ma la storia di Szumski non è l’unica di chi ha voluto portare avanti la lingua veneta anche nelle istituzioni. Basta tornare indietro di 35 anni. Correva l’anno 1983, Camera dei Deputati, Governo guidato dal socialista Bettino Craxi.
«Siòr marìgo, siùri deputai de’l Stado Talian». Esordì il primo deputato dell’allora Liga Veneta Achille Tramarin (scomparso qualche anno fa). Un vero choc per l’aula di Montecitorio. Tanto che Oddo Biasini, repubblicano romagnolo, presidente di turno della Camera, lo richiamò all’ordine: «Onorevole Tramarin, mi consenta, questo è il Parlamento della Repubblica e si parla in italiano. O lei parla in italiano o sono costretto a toglierle la parola». E Tramarin ubbidì. Ma anche Franco Rocchetta tra i fondatori della Liga Veneta, da consigliere regionale veneto spesso a palazzo Ferro Fini amava fare i suoi interventi “in lingua veneta”. Sempre il “tema” di Prima Repubblica ci fu anche un consigliere provinciale A Treviso, che durante un intervento in aula si scagliò contro il microfono e urlò: “Qua no funsiona el brincaparoe”. Tradotto, “il microfono non funziona”.
Foto sotto: Achille Tramarin il deputato che iniziò il suo discorso in aula in lingua veneta (mattinopadova.gelocal.it)