A breve la Nasa toglierà i sigilli a tre campioni di rocce lunari prelevati ben 50 anni fa, durante le missioni Apollo, per farli esaminare per la prima volta: da allora, infatti, sono stati conservati lontano dall’atmosfera terrestre in celle frigorifere e non sono mai stati toccati prima d’ora. “I campioni prelevati sono un investimento per il futuro”, commenta Lori Glaze, vicedirettore della Divisione di Scienza Planetaria della Nasa a Washington. “Questi sono stati deliberatamente tenuti da parte per poter sfruttare le tecnologie ben più avanzate di oggi e rispondere a domande che non sapevamo neanche di dover porre”.
Adesso nove gruppi di ricerca avranno la fortuna di poter analizzare le rocce del nostro satellite. Alcuni andranno alla ricerca delle minuscole perline di vetro che si formano durante le eruzioni vulcaniche, piccole “capsule del tempo” che raccontano di un lontano passato in cui la Luna era molto meno fredda. Altri cercheranno di capire se le condizioni in cui è stato conservato il materiale siano state effettivamente la scelta migliore, facendo il confronto con altri campioni già studiati in precedenza.
Infine, altri ancora si concentreranno sul ruolo dell’acqua nella geologia lunare, un’informazione che potrebbe rivelarsi molto importante in vista di un possibile ritorno dell’uomo sulla Luna. La nascita della tecnologia spaziale commerciale e di nuovi programmi spaziali in molti paesi al di fuori degli Stati Uniti infatti, sembrano indicare che ci sono ottime possibilità di vedere, entro pochi decenni, una nuova generazione di missioni dirette verso la vicina della Terra.