“Siamo vicini a familiari, amici e colleghi della poliziotta che ieri si è tolta la vita in questura a Verona. Non ci sono parole adatte al dolore della perdita, ma c’è da parte nostra la consapevolezza dell’abisso in cui ciascuno di loro si sentirà sprofondare. Il nome della collega si aggiunge a una tragica lista che annovera, dall’inizio dell’anno, già 49 suicidi fra gli appartenenti alle forze dell’ordine. L’ultima lei, ieri, ben tre appena due giorni prima. Sono numeri agghiaccianti e, come è noto, la media fra gli operatori del comparto che si tolgono la vita è ben superiore alla media nazionale che conta inoltre tutte le fasce d’età, mentre quella dei colleghi è una fascia anagrafica delimitata. Continuare ad assistere inermi a questa ecatombe non si può. E, se pure nessuno può conoscere le singole realtà di fragilità e di sconforto che sfociano in simili tragedie, ciò che sappiamo, appartenendo a questo mondo, è che i disagi, i sacrifici, le difficoltà sono tante e tali che certamente alleviarle ed eliminarle, quando possibile, sarebbe determinante”.
Così Valter Mazzetti, Segretario Generale Fsp Polizia di Stato, all’indomani del tragico evento verificatosi ieri a Verona, dove una poliziotta 46enne si è tolta la vita in ufficio. Si tratta del diciassettesimo suicidio nella sola Polizia di Stato dall’inizio dell’anno. Un tema, questo, di primaria importanza per Fsp Polizia.
“Fin da subito – spiega Mazzetti – abbiamo preso parte attivamente al tavolo tecnico per la prevenzione delle cause del disagio voluto a suo tempo dall’Amministrazione grazie all’allora Capo della Polizia, Franco Gabrielli, a cui si deve il cambio culturale nell’affrontare la questione. Un tavolo dove si lavora per fronteggiare problematiche che possono trovare in molti fattori legati al servizio una cassa di risonanza, quando non la principale causa, generando o aumentando disagi che possono sfociare nel dramma. E questo perché la tipologia, la durata e le modalità del servizio incidono sul contesto esistenziale, familiare e personale del poliziotto. Per intenderci, è troppo sbrigativo addebitare il suicidio di un poliziotto a un divorzio senza pensare che, magari, un rapporto si deteriora perché un poliziotto non riesce neppure a condividere la vita familiare a causa del lavoro. Prevenire vuole dire rimuovere o limitare al massimo questi fattori di criticità. Gli strumenti e le proposte normative che vengono delineate, per prevenire il disagio dei poliziotti ma anche per consentire loro di affrontarlo senza remore, devono trovare immediata risposta dalla politica. E con la stessa urgenza attendiamo provvedimenti concreti che contribuiscano ad alleviare le difficoltà tecnico-operative ed organizzative di un settore che richiede investimenti seri. Perché la sicurezza, proprio come la vita delle persone che lavorano per essa, non può essere considerata un costo”.