Secondo il Wall Street Journal, per colpa di un problema software nel social network Google+, ha messo a rischio la privacy di circa 500 mila utenti per un periodo di tempo di 3 anni.Il colosso di Mountain View non ha mai reso pubblica la notizia
Google ha scoperto un problema software nel social network Google+ in marzo. Un problema che, potenzialmente, ha esposto i dati di mezzo milione di utenti. Ma Mountain View non ha comunicato al pubblico l’incidente fino a oggi. Una decisione che, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, e’ stata legata ai timori di danni alla reputazione e soprattutto al rischio di attirare l’attenzione delle autorità di regolamentazione così come accaduto a Facebook. Pochi minuti dopo le rivelazioni del Wall Street Journal sull’errore software, Google ha pubblicato sul suo blog una nota in cui annuncia la chiusura di Google+ per i consumatori e introduce nuovi strumenti di privacy per limitare gli sviluppatori e il loro uso di informazioni.
L’annuncio non allenta le immediate critiche che hanno travolto Google e la sua scelta di fare silenzio sull’incidente, scoperto tramite un’indagine interna nel servizio Google+, il social network con il quale Mountain View sperava di sfidare Facebook. L’errore riscontrato ha consentito agli sviluppatori esterni alla società di vedere le informazioni sui profili di mezzo milione di utenti. Fra queste nomi, indirizzi email e occupazione. Il problema software ha interessato un lungo arco temporale: dal 2015 a quest’anno, quando e’ stato scoperto. Il che vuol dire che ha consentito a 448 app di vedere le informazioni.
Le critiche a Google sono immediate, il suo silenzio ha riportato alla memoria il caso di Facebook e Cambridge Analytica, che ha sollevato l’attenzione delle autorità di tutto il mondo e spinto le richieste per regole più stringenti in Europa e negli Stati Uniti. Google si difende spiegando che la decisione di non comunicare l’incidente e’ legata alla natura del problema e alla sua entità limitata. Il problema e’ stato scoperto e risolto prima dell’entrata in vigore delle nuove norme Ue sulla protezione dei dati.
fonte ansa.it