«L’hanno consigliato alle donne incinte con zero dati. E forse è per questo che [la Pfizer] ha interrotto lo studio. L’esecuzione di uno studio rischia di dimostrare che potrebbero non esserci benefici nelle donne in gravidanza»
Il colosso farmaceutico Pfizer non ha portato a termine gli studi clinici randomizzati riguardanti gli effetti del vaccino anti-Covid sulle donne in gravidanza e che allattano e, dunque, non dispone dei dati sufficienti per poter ritenere il farmaco sicuro durante la gestazione. È quanto emerge da un’indagine condotta dalla giornalista d’inchiesta australiana Maryanne Demasi che ha interpellato direttamente i rappresentanti della Pfizer. L’azienda ha spiegato di non aver potuto concludere i trial per mancanza di volontarie, ma, nonostante ciò, il farmaco è stato comunque raccomandato dalle agenzie regolatorie del farmaco – l’EMA europea e la FDA statunitense – che pure erano al corrente del fatto che mancassero i dati necessari per poter raccomandare il vaccino. Pfizer, infatti, ha ammesso che la Food and Drug Administration americana l’Agenzia europea del farmaco erano al corrente del fatto che l’azienda non stesse effettuando sperimentazioni «perché il numero di donne partecipanti era molto basso».(Fonte di Giorgia Audiello – www.lindipendente.online)
Test randomizzati mai conclusi, l’azienda aveva studiato l’effetto del siero solo su femmine di ratto gravide, come si è appreso da una richiesta di accesso agli atti presentata al regolatore dei farmaci australiano nel 2021. Gli animali coinvolti nello studio erano appena 44: a metà fu iniettato il farmaco a mRNA e a metà un placebo. In base ai risultati dello studio è stato possibile rilevare che «il vaccino ha portato a un raddoppio statisticamente significativo della perdita fetale (9,77% nel gruppo trattato con mRNA e 4,09% in quello che aveva ricevuto il placebo), ma Pfizer ha concluso che la differenza tra i due gruppi non era biologicamente significativa», scrive Demasi dopo aver visionato la documentazione.
Il ricercatore di politiche pubbliche presso la Johns Hopkins University, Marty Makary, ha chiesto che almeno vengano forniti i dati della sperimentazione condotta sulle 349 donne volontarie, nonostante l’esiguità del campione: «Dovrebbero dire qualcosa, hanno il dovere morale di parlare. Eccoci qui, 18 mesi dopo, i risultati di quelle 349 donne non sono mai stati resi pubblici», ha protestato il ricercatore.