Arriva finalmente nelle sale italiane uno dei film documentari più intensi dell’anno, presentato all’ultimo Torino film Festival e premiato con il Nastro d’argento per il Miglior documentario dell’anno: La generazione perduta di Marco Turco, il racconto della vicenda sconvolgente del giornalista Carlo Rivolta, figura incredibilmente rappresentativa delle pulsioni, passioni e drammi degli anni ’70 in Italia. Scritto dal regista insieme a Wu Ming2 e Vania Del Borgo e prodotto da Francesco Virga per MIR cinematografica e Luce Cinecittà, in collaborazione con Rai Cinema e AAMOD (Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico), il film di Marco Turco arriva al cinema, distribuito da Luce Cinecittà, nelle principali città italiane – tra cui Torino, Milano, Roma, Bologna, Palermo, Genova, Firenze e Napoli – con un fitto calendario di proiezioni evento e teniture alla presenza dell’autore e regista.
Al centro del racconto di La generazione perduta c’è la vita di Carlo Rivolta, giornalista de ‘La Repubblica’ fin dal primo numero e autore di memorabili inchieste sull’eroina che – tra il ’74 e il ’75, in un periodo di grandi cambiamenti e speranze per un’intera generazione – si diffonde rapidamente in Italia e trova impreparate le famiglie, i medici e gli stessi ragazzi che non sono in grado di affrontarne la dipendenza. Carlo indaga il fenomeno da cronista, arrivando a testare su di sé la droga, con esiti devastanti.
“Questa è la storia di una generazione, una sinfonia corale accompagnata dalla voce di un solista. – spiega Marco Turco – Attraverso le parole e lo sguardo di Rivolta, viviamo in diretta lo spirito dei tempi, le enormi speranze e le amare delusioni di una generazione devastata dall’eroina.”
Ma quelli sono anche gli anni della lotta armata. Militante dei movimenti del ’68, quando nel 1978 viene rapito Aldo Moro, Carlo si dichiara favorevole alla trattativa, in contrasto con il suo stesso giornale e con i suoi ex compagni, che lo bollano come traditore del popolo minacciandolo di morte.
Attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuto, (i colleghi e amici Enrico Deaglio e Luca Del Re, lo zio Rinaldo Chidichimo, la compagna storica Emanuela Forti e i suoi due figli che lui ha cresciuto come un padre) la figura di Carlo emerge con tutte le contraddizioni ma anche con la sua coerenza nella ricerca della verità fino alla fine, quando la crisi personale lo porterà all’autodistruzione e poi alla morte a soli 32 anni.
La vicenda di Carlo e della generazione perduta viene messa in scena grazie a un inedito e ricco materiale di Archivio Rai, Archivio Luce e AAMOD. La voce di Carlo, che esce da un vecchio registratore Geloso è affidata all’attore Claudio Santamaria che legge brani dei suoi articoli.
Così la vicenda personale di Carlo Rivolta in questo intenso docufilm diviene la personificazione emblematica di un mondo che mutava inesorabilmente travolgendo le attese e le speranze di una generazione che aveva creduto nel cambiamento e si ritrova a contare i propri morti.