Del milione e settecentomila firme raccolte per l’Iniziativa dei cittadini europei (Ice)* contro le pellicce, ieri è arrivato il dato ufficiale delle firme validate dagli Stati membri e consegnate alla Commissione Europea. Sono: 1.502.319. Lo rende noto l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), che aveva lanciato nei suoi canali web la raccolta firme nei mesi scorsi contribuendo alla mobilitazione di molte associazioni europee.
L’Italia è il paese con la più alta percentuale di firme validate. Su 85.122 firme raccolte, ne sono state validate 83.164 pari al 97,7%.
All’Ice Fur Free Europe – Basta pellicce in Europa – raccolta di firme lanciata nel maggio 2022 per chiedere all’Unione Europea di vietare gli allevamenti di animali da pelliccia e di bandire il commercio e l’importazione di pellicce e prodotti associati dal mercato europeo – hanno partecipato più di 80 organizzazioni da tutta Europa. La mobilitazione ha permesso una raccolta di firme record e dunque una chiusura anticipata della campagna, che si è conclusa il 1° marzo scorso, due mesi prima del termine stabilito.
«A breve gli organizzatori dell’iniziativa s’incontreranno con i rappresentanti della Commissione europea e sarà presentata l’iniziativa nel corso di un’audizione pubblica al Parlamento europeo», spiega la responsabile delle Relazioni internazionali dell’Oipa, Valentina Bagnato. «La Commissione entro fine anno dovrà rispondere pubblicamente su quali azioni intraprenderà, motivando le decisioni».
Quella delle pellicce è un’industria e un mercato ormai fuori moda, afferma l’Oipa. La breve vita degli animali sfruttati per la loro pelliccia è vissuta in allevamenti intensivi che si compongono di lunghe file di minuscole gabbie metalliche spoglie, talvolta senza neppure un piano d’appoggio, in cui gli animali – spesso in sovrannumero – restano confinati senza mai uscirne. Animali che patiscono una sofferenza tale da provocarsi gravi ferite e automutilazioni. Possono addirittura giungere ad azioni di cannibalismo. Quella della pelliccia è un’industria ormai del tutto fuori moda, un’inutile crudeltà che non tiene minimamente conto del benessere animale e, come abbiamo potuto constatare dalla recente pandemia, neppure del benessere dell’uomo.
L’allevamento di animali da pelliccia è:
Non etico. I complessi bisogni etologici di animali appartenenti a specie selvatiche, come per esempio volpi e visoni, allevati e sfruttati per la loro pelliccia non possono essere assolutamente soddisfatti all’interno degli allevamenti. Tenere gli animali reclusi in piccole gabbie e ucciderli esclusivamente o principalmente per il valore della loro pelliccia non può essere legittimato, ovviamente, nemmeno per specie domestiche come conigli e cincillà. L’allevamento di animali da pelliccia non è etico, non importa dove avvenga, proprio per questo chiediamo anche di vietare la vendita di pellicce derivate dalla produzione intensiva.
Non sicuro. Gli allevamenti di animali da pelliccia rappresentano un rischio per la salute sia degli animali sia dell’uomo. Durante la pandemia di COVID-19, centinaia di allevamenti di visoni sono stati colpiti da focolai di coronavirus e si è scoperto che nuove varianti del virus SARS-CoV-2 erano state trasmesse agli esseri umani dagli animali.
Non sostenibile. L’allevamento di animali da pelliccia ha un impatto ambientale notevole e rappresenta una seria minaccia per la biodiversità autoctona. Il visone americano, a seguito della fuga di alcuni esemplari dagli allevamenti e che oggi è ampiamente diffuso in tutta Europa, ha impattato negativamente sulla fauna selvatica autoctona europea. La concia e la lavorazione delle pellicce comporta l’utilizzo di sostanze chimiche tossiche che causano un grave inquinamento del suolo, classificando questa industria tra le cinque con la più alta intensità di inquinamento.