“La difficile situazione geopolitica sta portando problemi economici con l’alterazione di equilibri relativi alle esportazioni di materie prime, determinando carenze di prodotti con relative crescite dei prezzi. Non sono esenti da responsabilità le speculazioni che si inseriscono, come sempre accade, in questi processi. Ne sono un esempio le tensioni nel canale di Suez, passaggio strategico per l’import export che incide pesantemente sulla nostra economia. Si deve lavorare per ristabilire le condizioni di equilibrio e per tamponare gli effetti negativi di questa situazione. Il governo lo ha fatto nell’ultima legge di bilancio limitando gli effetti dell’inflazione su imprese e famiglie. Speriamo di poter contribuire a risolvere queste situazioni lavorando per una pace stabile e duratura”. Lo ha dichiarato Raffaele Nevi, portavoce nazionale di Forza Italia, nel corso del Cnpr forum “Equilibri in crisi: il risiko della geopolitica e le conseguenze sul nostro Paese”, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.
“Da anni lavoriamo alla sostenibilità del nostro sistema economico – ha aggiunto Nevi – prevedendo anche piani pluriennali strategici che accompagnino le imprese a essere più sostenibili. Serve un approccio pragmatico per associare alla sostenibilità economica anche quella sociale”.
Sugli effetti dei conflitti nelle economie europee si è soffermata Luana Zanella (presidente del gruppo Alleanza Verdi-Sinistra alla Camera dei Deputati): “Se parliamo dei conflitti in corso come quello dovuto all’invasione russa in Ucraina abbiamo fatto tantissime analisi e confronti circa le conseguenze drammatiche che ha avuto sia sulla modifica dei rapporti tra stati sia in termini di import – export. Per molte economie, in particolare quella tedesca ma anche la nostra, la dipendenza dal gas russo ha avuto un peso enorme. Tanto che alla fine l’Europa non è riuscita a sganciarsi ed emanciparsi completamente per il rifornimento di gas liquido e di gas metano. Ormai il mondo è così interconnesso che la crisi in Medio Oriente piuttosto che la crisi in Africa o in Sud America si ripercuote direttamene su tutti gli altri stati e continenti. Quindi la globalizzazione ha comportato la necessità sempre di più di una governance dell’intero globo. L’Onu non ha una forza così dirompente e nemmeno l’autorità sufficiente per contrapporsi agli stati per risolvere i conflitti. Siamo dunque in una crisi profonda non soltanto per una mancanza di governi che abbiano una visione per addivenire a delle soluzioni”.
Secondo Pino Bicchielli (deputato di ‘Noi moderati’ in Commissione Difesa a Montecitorio): “La situazione geopolitica mondiale ha effetti importanti sulla logistica e nel settore energetico. I conflitti di questi anni sono andati a colpire pesantemente questi due settori. Nel Mar Rosso in questo momento le nostre navi cargo rischiano di essere vittime di attacchi e questo richiede un impegno importante della nostra Marina. Il governo Meloni dal momento in cui si è insediato è stato sempre attento a sterilizzare gli effetti economici dei conflitti internazionali aumentando il potere di acquisto delle famiglie con il taglio del cuneo fiscale e con la revisione dell’Irpef. Solo intervenendo con attenzione sulla transizione energetica possiamo abbattere i costi dell’energia. Stiamo approvando in questi giorni il dl sicurezza energetica che ha questa funzione, contrastare l’emergenza e portare avanti la transizione ecologica. Diamo impulso alle rinnovabili con misure che riducono la nostra dipendenza dall’estero. L’energia nucleare pulita sicuramente può essere una soluzione per uscire da questa difficoltà”.
Arrivare alla neutralità climatica è la priorità per Filippo Scerra (parlamentare del M5s in Commissione Politiche dell’Unione Europea alla Camera): “Ci sono catene globali del valore che sono ancora molto lunghe. Quando una di queste si interrompe, come sta accadendo nel mar Rosso, ci sono ripercussioni serie per i Paesi come il nostro che fa dell’export uno degli asset fondamentali della propria economia. L’aumento dei costi delle materie prime incide altresì sull’aumento dei prezzi. Lo Stato e l’Europa devono innanzitutto supportare le aziende, come è stato fatto con il Covid. Inoltre si deve lavorare a medio e lungo termine sull’autonomia e sulla indipendenza energetica. Il nostro obiettivo deve essere arrivare alla neutralità climatica. Che ha dei risvolti positivi non solo dal punto di vista ambientale ma anche dal punto di vista geopolitico e strategico. Significa minore dipendenza da importazioni, dalle destabilizzazioni degli altri paesi. Spingere quindi sulle rinnovabili, sull’energia pulita fa bene all’ambiente ma anche all’economia che deve diventare sempre più resiliente. Sarebbe, infine, auspicabile avere un’Europa più protagonista sullo scacchiere internazionale”.
Il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Pasqua Borracci (commercialista e revisore dei conti dell’Odcec di Bari): “I profondi squilibri economici determinati dai conflitti in atto in determinate aree geografiche del mondo come Ucraina, Israele e canale di Suez, stanno determinando criticità importanti nel nostro sistema economico. A pagarne le conseguenze sono le famiglie, strette tra l’aumento dell’inflazione e i tassi d’interesse che non diminuiscono, e le imprese che dopo la crisi pandemica sono costrette ad affrontare quella energetica e dell’aumento dei costi delle materie prime. Urgono, di fronte a questo scenario, misure urgenti a livello europeo per limitare i danni e aiutare le aziende a ripartire”.
Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni (consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili): “L’inflazione rischia di tornare fuori controllo. Io vorrei capire se ci si intende rivolgere all’assistenza alle famiglie con gli opportuni interventi nel settore sociale o all’assistenza alle imprese attraverso interventi che le aiutino a superare l’incremento dei prezzi delle materie prime. A me sembra che manchi una programmazione coerente che vada in una linea unica che riesca a contemperare entrambe le esigenze. Va bene ragionare su livelli sovranazionali facendo ricorso a politiche comuni in sede europea. Ma su questo piano, da cittadino, vedo ad esempio che in Italia manca una politica energetica dall’inizio degli anni ’60, quando assistemmo alla nazionalizzazione dell’energia elettrica e alla costruzione dell’Eni. Poi si sono susseguite una serie di misure non ben definite con due player dominanti, Eni ed Enel, di proprietà prevalentemente pubblica ma che si comportano come soggetti privati. Come si vuole perseguire la transizione verso l’energia sostenibile? Non vedo alcuna proposta concreta all’orizzonte”.