«Siamo di fronte a un vero e proprio allarme sociale, ad una piaga che non riguarda solo l’Italia, ma tutta l’Europa, e aumenta in modo esponenziale nei Paesi in via di sviluppo.
I professionisti sanitari, e su tutti le donne della sanità, sono sempre di più le vittime sacrificali di una spirale di violenza inspiegabile. Complici i disservizi e le lacune degli ospedali, medici e infermieri pagano sulla propria pelle l’insoddisfazione dei cittadini, arrivati ad una esasperazione decisamente fuori controllo e ingiustificata. La fiducia nei professionisti sanitari si sta sgretolando e basta una parola per accendere la miccia della cattiveria che sfocia in calci, pugni, addirittura tentativi di strangolamento!
Stiamo vivendo, almeno nel nostro Paese, una estate 2024 da incubo, con una media mai così alta in termini di aggressioni, arrivate senza esagerazioni a numeri da record, toccando cifre mai registrate negli ultimi 10 anni.
Mai, fin ora, nonostante la questione dell’ incolumità dei professionisti sanitari non sia certo un problema nato ieri, eravamo stati di fronte a dati del genere: dal 1 al 20 di agosto non c’è stato un solo giorno in cui un medico o un infermiere, nell’80% dei casi una donna, abbia subito una violenza fisica, nella maggior parte dei casi da un paziente o da un parente di quest’ultimo. Al primo posto ci sono i pronto soccorsi, al secondo gli interventi degli operatori del 118, al terzo i reparti di psichiatria.
Tutto questo, con numeri allarmanti, ci porta inevitabilmente a doverose riflessioni, ma soprattutto a cercare di comprendere fino a che punto le politiche sono capaci di difendere e tutelari i nostri professionisti.
«Sin dalla loro fondazione, Amsi, Associazione Medici di Origine Straniera in Italia, accanto a Umem, Unione Medica Euromediterranea, e al Movimento Internazionale Uniti per Unire, si occupano del delicato e complesso universo femminile della sanità, sia in Italia che nel mondo, anche grazie ai nostri numerosi corrispondenti di Radio Co-mai internazionale, in oltre 120 paesi nel mondo e, ultimo in ordine di tempo, ma non ultimo come importanza, il nostro Manifesto “Uniti per i Medici” che, già sottoscritto da quasi 425 enti, associazioni, sindacati, professionisti, si pone nei suoi 45 punti, a tutela dei professionisti sanitari e della loro sicurezza sul luogo di lavoro, nonché, in particolar modo, alla difesa delle donne della sanità, le vittime sacrificali di questa escalation di violenze»
Esordisce così il Prof. Foad Aodi, leader di Amsi, Umem e Uniti per Unire.
«Stiamo parlando di aggressioni, fisiche e psicologiche, nonché degli abusi sessuali, senza dimenticare le discriminazioni contro le professioniste sanitarie di origine straniera, rispetto alle quali, le nostre associazioni, portano avanti accurate indagini con dati costantemente aggiornati, perché la verità non può essere mai nascosta, ma deve scuotere le coscienze, sia della politica che dei cittadini.
Le politiche nazionali, parliamo dell’Italia, e internazionali, possono e devono fare di più. E’ evidente che fin qui le azioni adottate e le leggi istituite non sono state sufficienti ad arginare una piaga che, ricordiamolo, rappresenta la prima motivazione di fuga all’estero di medici e infermieri nel nostro Paese, accanto alla necessità di scegliere proposte economiche maggiormente gratificanti.
Dall’altra parte i cittadini devono uscire dalla mala convinzione che i professionisti sanitari sono sempre e comunque i responsabili dei disagi degli ospedali. E’ questo un male sociale che va debellato».
Continua Aodi: «Campagne stampa, dibattiti con esperti, convegni, indagini sempre aggiornate: non ci siamo mai fermati per mettere fine alle violenze, per raccontare la triste realtà, prima di ogni cosa per tutelare le donne della sanità in Italia e nel Mondo. I nostri progetti e il nostro impegno sono sotto gli occhi di tutti, ma c’è bisogno che tutte le parti in causa svolgano fino in fondo il proprio compito.
Le nostre indagini costantemente aggiornate sono allarmanti e rivelano che stiamo raggiungendo un punto di non ritorno. Violenze e abusi contro le donne della sanità e discriminazioni contro le professioniste sanitarie di origine straniera si sono notevolmente aggravate.
I recenti episodi della dottoressa aggredita in Puglia che ha annunciato le dimissioni e la professionista sanitaria violentata e uccisa in India, scatenando una vera e propria protesta popolare dei colleghi, sono solo la punta dell’iceberg.
«I posti di lavoro, nei pronto soccorsi, nei reparti nevralgici, durante le guardie mediche, nel servizio del 118, in ambienti notoriamente difficili come i reparti con malati psichiatrici, nonché le carceri, non sono più luoghi sicuri per le nostre donne della sanità, che non dimentichiamolo prima di tutto sono madri, mogli, sorelle, figli, sono il perno della nostra società, e come tali vanno sempre difese. L’empatia, oltre che le competenze, di una donna, nella sanità, sono un fattore chiave nella guarigione dei malati, in Italia come nel resto del mondo. Questo è innegabile», dice Aodi.
LE NOSTRE INDAGINI AGGIORNATE
– Italia: aumento del 40% degli episodi di violenze fisiche e psicologiche contro le professioniste sanitarie negli ultimi 3 anni.
– Italia: aumento del 35% delle discriminazioni contro le professioniste sanitarie di origine straniera, ed anche per questa ragione, molte di loro, dopo i primi anni nel nostro Paese, preferiscono andare in Germania, in Svizzera, in Olanda o nel Regno Unito.
– Mondo: aumento del 42% delle aggressioni contro i professionisti della sanità, in special modo donne, oltre la metà sono dottoresse e infermiere.
In Europa la media delle aggressioni tocca il 40% dei professionisti.
Nei Paesi in via di sviluppo si può arrivare anche al 95%.
Mondo: India, Pakistan, Afghanistan, Somalia, Yemen, paesi africani, Congo. Dove c’è più povertà, dove c’è più guerra, dove ci sono più conflitti dimenticati, dove c’è disperazione, dove c’è crisi economica, c’è parallelamente un aumento della percentuale delle aggressioni.
Mondo: Nei luoghi di guerra si registra aumento del 22% aumento delle violenze sessuali nei confronti delle donne, oltre alle aggressioni.
«Dobbiamo considerare che nel mondo ogni 11 minuti muore una donna o una bambina vittima di aggressioni o violenze sessuali, da un familiare, da un parente, ma anche da estranei.
Amsi, Umem e Uniti per Unire si occupano da tempo anche di violenza contro le donne al di fuori degli ospedali. Una donna su tre nel mondo, ogni giorno, subisce un’aggressione.
Questo ci fa capire che il fenomeno è radicato e in costante aumento, sia nei Paesi più avanzati, sia in quelli in via di sviluppo dove il contesto di degrado sociale conduce ad una escalation di abusi contro le donne, in particolare minorenni, che è fuori controllo.
Ci sono poi le motivazioni religiose e le discriminazioni razziali che fomentano le violenze, da condannare e debellare.
Nei paesi più avanzati, invece, è la mentalità dell’uomo che va cambiata radicalmente, accanto alla necessità che sia la politica a contribuire a tale evoluzione. Nei luoghi di lavoro, in famiglia, l’uomo esercita il suo potere, obbligando le giovani donne a subire violenze sessuali, esercitando quel maschilismo che rimane una piaga e che quando sfocia in abuso è un crimine da combattere.
Accade con i mariti/compagni violenti che quando stanno per essere abbandonati arrivano al femminicidio, accade nei luoghi di lavoro, accade tra i giovanissimi, con le azioni “di branchi” di minorenni che agiscono insieme e violentano loro coetanee.
«La mentalità dei cittadini, sin dalla più giovane età va cambiata, ma la politica deve darsi, come detto una svegliata. E’ un controsenso riuscire portare un elevato numero di professionisti sanitari stranieri nel nostro Paese, siamo arrivati a 100mila grazie al Decreto Cura Italia, e poi abbandonarli a se stessi, lasciandoli vittime di discriminazioni, violenze, e di leggi che non tutelano la loro valorizzazione, depauperando una risorsa importantissima, continua Aodi.
Le stesse organizzazioni che difendono i diritti dei professionisti sanitari, gli stessi ordini professionali, i sindacati, devono uscire dal clima avvelenato delle lotte intestine. Questo contribuisce a togliere serenità a medici e infermieri ma soprattutto, ci pensate bene, è la concausa dell’aumento delle violenze.
Provate a ragionare: se ci fosse una collaborazione maggiormente proficua saremmo riusciti a trovare almeno in parte soluzioni, tutti insieme, per diminuire il numero delle aggressioni, quando invece queste ultime sono aumentate.
Dove andremo di questo passo? Chi tutelerà i professionisti sanitari? Come possiamo solo pensare che i nostri giovani vorranno intraprendere il cammino nel mondo della sanità con questi rischi?
Come possiamo, in questo clima, arginare le fughe all’estero?
Uniti si vince, uniti si risolvono i problemi! Non certo l’uno contro l’altro, anche perché con la forza dei progetti condivisi si può anche sanare quel “mare magnum” di disservizi e deficit degli ospedali che spinge i cittadini alla rabbia, all’esasperazione, addossando la responsabilità di tutto ai professionisti sanitari.
Medici e infermieri, prima di tutto le nostre donne della sanità incapaci di difendersi da abusi e violenze, vanno protetti, tutelati e difesi.
Ha ragione, e accogliamo in tal senso l’appello del Dott. Filippo Anelli, Presidente Fnomceo e numero uno dell’Ordine dei Medici della Puglia.
Fermiamo tutto! Scendiamo nelle piazze come hanno fatto in India, dove un milione di professionisti sanitari hanno protestato per l’uccisione di una collega, prima violentata e poi barbaramente assassinata. Seguiamo il loro esempio. Chiediamo alla politica di tutelarci, guardiamo negli occhi i cittadini, invitiamoli a manifestare con noi, parliamo con loro. Andiamo nelle scuole. e nelle università. Raccontiamo ai giovani, cittadini del domani, che i professionisti sanitari sono dalla loro parte. Non siamo i nemici contro cui combattere, i nemici da eliminare, noi salviamo le loro vite e vogliamo continuare a farlo nel migliore dei modi».
Così il Prof. Foad Aodi, Presidente dell’UMEM, Unione Medica Euromediterranea, esperto di salute globale, corrispondente dall’Italia per prestigiose testate straniere, Presidente di Amsi, Associazione Medici di Origini Straniera in Italia, del Movimento Internazionale Uniti per Unire, di Co-mai, Comunità del Mondo Arabo in Italia, direttore sanitario e portavoce della USEM e Nazionale del Regno delle due Sicilie, corrispondente dall’Italia per Agenzie di Stampa, giornali e Tv di Paesi Arabi e del Golfo, nonché docente all’Università di Tor Vergata e già 4 volte Consigliere dell’Ordine di Roma e membro registro esperti della Fnomceo e ancora direttore sanitario del Centro Medico Iris Italia.